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Pediatria

Probiotici in gravidanza contro le allergie pediatriche

Alcune fra le maggiori società scientifiche sostengono le linee guida internazionali della World Allergy Organization, che raccomanda il consumo di probiotici prima e dopo il parto per prevenire forme allergiche topiche, respiratorie e alimentari nei nascituri

La prevenzione di forme allergiche nei bambini è possibile, grazie all’uso di probiotici in gravidanza e nei primi mesi di vita dei piccoli. Le allergie cutanee, respiratorie e alimentari sono aumentate dal sette per cento del 1995 all’odierno 25 per cento in età pediatrica. Perché? A mettere in guardia sui nuovi fattori di rischio allergizzanti, tra cui l’inquinamento ambientale e gli eccessi di igiene, sono alcune fra la maggiori società scientifiche Italiane: la Sigo (Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia), la Sin (Società Italiana di Neonatologia) e la Sip (Società Italiana di pediatrica) riunitesi di recente a Roma per un congresso dedicato.


I NUMERI DEGLI ALLERGICI

Nel nostro Paese un bambino su 4, in età prescolare, è affetto da una forma allergica. A preoccupare in modo particolare è l’impennata di dermatite atopica, una ‘reazione’ cutanea con chiazze pruriginose e rosse diffuse in più zone del corpo, specie le più delicate quali il viso o più esposte al contatto con indumenti irritanti quali ginocchia, gomiti e gambe ad esempio, cresciuta di +6% nel corso degli ultimi dieci anni, interessando circa un milione di bimbi già nella primissima infanzia. La dermatite, dicono gli esperti, non è una malattia grave, tant’è che può andare in remissione spontanea dopo pochi anni dalla sua comparsa, ma se trascurata o non trattata può ‘marciare’ verso forme allergiche anche respiratorie come asma e riniti, e alimentari caratterizzate da disturbi gastrointestinali, entrambe tipiche dell’età adolescenziale. Una progressione allergica che tuttavia può essere frenata o prevenuta con il consumo regolare di probiotici, ovvero microrganismi vivi somministrati sotto forma di integratori.

 

I DATI PROMETTENTI

Fino a cinquanta per cento di casi allergici in meno, fra neonati ad alto rischio. Sono queste le stime di efficacia dei probiotici diffuse dalla World Allergy Organization (WAO) a tal punto che le nuove linee guida internazionali ne raccomandano alla mamma l’uso prima e dopo il parto dei probiotici per ridurre o evitare la comparsa di allergie alimentari e limitare sensibilmente durata e manifestazioni di infezioni respiratorie nel nascituro. Serve però attenzione nella scelta del probiotico ‘giusto’, perché non tutti agiscono con la stessa efficacia: «Le proprietà dei probiotici - spiegano gli esperti - sono specifiche per singoli ceppi batterici». Infatti il Lactobacillus rhamnosus GG, già testato in ambito pediatrico e neonatologico, sarebbe il più benefico nel trattamento delle gastroenteriti infettive e della diarrea e nella prevenzione di disturbi allergici. In particolare ci sarebbero evidenze scientifiche di una riduzione del 9% di eczemi con un risparmio sulla spesa sanitaria di 150-300 euro annui ogni 100 candidati alla dermatite atopica.

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L’OPINIONE DELL’ESPERTO

Dunque l’integrazione probiotica sarebbe raccomandata a tutte le mamme? «Sì e no - dichiara Carlo Gelmetti, professore ordinario all’Università di Milano e responsabile dell’Unità Operativa Complessa di Dermatologia Pediatrica presso l’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano - perché, come già accennato nell’articolo, i probiotici non sono tutti eguali. Tra i più studiati, oltre al Lactobacillus rhamnosus GG, ricordiamo il Lactobacillus paracasei, il Lactobacillus reuteri ed il Bifidobacterium.

I dati a disposizione non sono omogenei e quindi non si possono dare indicazioni assolute, ma generalizzando, si può dire che è consigliabile che li assuma la madre in attesa di un bambino a rischio di atopia, nell’ultimo mese di gravidanza, e il bambino, una volta nato nei suoi primi sei mesi di vita. Va comunque ricordato - continua il professore - che i probiotici devono essere impiegati con cautela negli individui a rischio, ad esempio da coloro che sono immunodepressi o che sono portatori di cateteri centrali per evitare la possibilità, peraltro modesta, di infezioni sistemiche. I probiotici non devono poi essere somministrati nei bambini affetti da sindrome dell’intestino corto o da onfalocele (una malformazione congenita grave dei visceri addominali), per un aumentato rischio di acidosi lattica e di sepsi».

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