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Oncologia
Daniele Banfi
pubblicato il 04-06-2015

Immunoterapia più efficace se combinata



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Positivi i risultati nella lotta al melanoma: funziona l’idea di stimolare su più fronti il sistema immunitario. I risultati pubblicati dal New England Journal of Medicine

Immunoterapia più efficace se combinata

L’immunoterapia si conferma una delle strategie più promettenti per la lotta ai tumori. Anche quest’anno al convegno ASCO di Chicago - l’annuale appuntamento mondiale dedicato all’oncologia clinica - l’immunoterapia l’ha fatta da protagonista. Ma se sino ad oggi i successi sperimentali si sono sempre registrati sui farmaci singoli, ora a tenere banco sono le terapie combinate. E’ questo il caso della lotta al melanoma: combinando due differenti anticorpi i ricercatori sono riusciti ad ottenere una risposta positiva migliore della singola somministrazione in oltre il 70% dei pazienti trattati. Un risultato straordinario – frutto anche del contributo italiano - presentato in anteprima all’ASCO e pubblicato in contemporanea dalla prestigiosa rivista New England Journal of Medicine.

 

IMMUNOTERAPIA: CHE COS’E?

In cosa consiste l’immunoterapia? Tecnicamente si tratta di un concetto molto semplice: sfruttare e pilotare il sistema immunitario affinché possa rispondere in modo adeguato alla presenza di un agente estraneo come il cancro. Come spiega il professor Michele Maio, direttore del dipartimento di immuno-oncologia dell’azienda ospedaliera Le Scotte di Siena e uno degli autori dello studio, «il sistema immunitario, quando incontra il virus del raffreddore, si attiva per cercare di neutralizzarlo. A un certo punto, però, la caccia deve essere fermata ed entrano in funzione meccanismi che spengono la risposta. Così avviene con il melanoma. Il primo farmaco immunoterapico approvato –ipilimumab- toglie il freno al sistema immunitario, lasciandolo libero di continuare la sua azione».

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MELANOMA: PRIMA E DOPO

Prima dell’avvento dei nuovi farmaci il melanoma, se diagnosticato in fase avanzata, era una neoplasia che non lasciava scampo. Nei casi di metastasi avanzate la speranza di sopravvivenza era di 3 mesi. Oggi la situazione è radicalmente cambiata e la sopravvivenza è arrivata al 20% a 5 anni dalla diagnosi. In alcuni casi i primi ad aver avuto accesso alla terapia sperimentale dieci anni fa sono ancora qui a raccontarlo. Sull’onda del successo molte “big pharma” hanno concentrato gli sforzi nello sviluppo di molecole simili in grado di interferire con il sistema immunitario. Una di queste è nivolumab, sperimentata con buoni risultati sia per il melanoma sia per alcune forme di tumore del polmone. Ecco perché sulla scorta di queste evidenze gli oncologi hanno pensato di sperimentare la terapia combinata.

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LO STUDIO

Basandosi sui già molto buoni risultati ottenuti nelle sperimentazioni eseguite con ciascuno dei due anticorpi monoclonali (ipilimumab e il nivolumab), i ricercatori hanno messo a punto uno studio che ha combinato insieme i due farmaci. Entrambi hanno il pregio di attivare il sistema immunitario agendo in momenti diversi della risposta immunitaria. Il primo ha come bersaglio la molecola CTLA4 il secondo PD1.  «I risultati – spiega Maio – sono stati positivi e la combinazione dei due anticorpi ci ha permesso di aumentare ancora di più la risposta del sistema immunitario. Ciò ci fa ben sperare per continuare ad aumentare la sopravvivenza a lungo termine per i pazienti colpiti da melanoma in fase avanzata per i quali, sino a pochi anni fa, non c'era alcuna terapia».

 

I RISULTATI

In particolare nello studio, effettuato per valutare l’efficacia definitiva della combinazione dei due anticorpi, 314 pazienti sui 945 trattati complessivamente hanno ricevuto la combinazione dei due farmaci. Quest’ultima ha dimostrato di essere efficace e sicura. In particolare la risposta è stata positiva nel 70,8% e sia le regressioni complete di malattia sia quelle parziali ottenute con la combinazione terapeutica sono state superiori rispetto a quelle osservate utilizzando le due molecole da sole. «Il futuro della lotta ai tumori passerà dal combinare più terapie. Il sistema immunitario, se aiutato, potrà tenere a bada quel poco che resta del tumore, dando la possibilità al malato di sopravvivere bene e a lungo» conclude Maio.

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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