Alla prima recidiva di mieloma multiplo somministrare una combinazione di immunoterapici può fare davvero la differenza. Al congresso dell'American Society of Hematology sono stati presentati gli straordinari risultati dello studio internazionale MajesTEC-3. I risultati lasciano poco spazio alle interpretazioni: l’utilizzo precoce di teclistamab e daratumumab emerge come l’approccio più efficace nel controllare la malattia e migliorare la sopravvivenza rispetto alle terapie oggi disponibili. Una novità destinata a cambiare la pratica clinica.
CHE COS’È IL MIELOMA MULTIPLO
Il mieloma multiplo è un tumore del sangue che colpisce le plasmacellule, una tipologia di globuli bianchi presenti nel midollo osseo. In Italia, secondo i dati dell'Associazione Italiana di Oncologia Medica, vengono diagnosticati circa 5.700 nuovi casi ogni anno. Il mieloma è una malattia più frequente dopo i 65 anni, con un’incidenza che aumenta progressivamente con l’età e con una lieve prevalenza maschile.
Quando diventano tumorali, le plasmacellule si accumulano nel midollo e producono proteine anomale che possono danneggiare reni, ossa e sistema immunitario. Il mieloma non ha un andamento lineare: alterna fasi di risposta alle terapie e momenti di ricaduta. Per questo viene considerato una malattia cronica, che richiede un percorso di cura continuo nel tempo, con trattamenti mirati a prolungare le remissioni e mantenere una buona qualità di vita.
COME SI CURA ATTUALMENTE
La strategia terapeutica varia in base all’età e alla condizione generale della persona. Nei pazienti più giovani e dunque idonei al trapianto di midollo osseo, il percorso prevede una terapia di induzione, l’autotrapianto di cellule staminali e un mantenimento prolungato con il farmaco lenalidomide. Nei pazienti non candidabili al trapianto, si utilizzano combinazioni mirate che includono inibitori del proteasoma, immunomodulatori e anticorpi monoclonali, spesso a base di daratumumab, ormai pilastro del trattamento. Negli ultimi anni, però, lo scenario è cambiato. Molti pazienti arrivano alla prima recidiva già refrattari a lenalidomide, un fattore che complica le scelte terapeutiche. Per questo la ricerca punta a introdurre terapie più efficaci -come CAR-T e anticorpi bispecifici- sempre più vicino alla diagnosi, per allungare il tempo libero da malattia e migliorare la sopravvivenza.
L'IMMUNOTERAPIA ALLA PRIMA RECIDIVA
In questo contesto si inserisce MajesTEC-3, il primo studio di fase 3 a valutare l’impiego di un anticorpo bispecifico -teclistamab- già alla prima recidiva, in combinazione con daratumumab. L'idea è verificare se anticipare questa forma avanzata di immunoterapia possa cambiare, fin da subito, la traiettoria della malattia. Il trial clinico ha coinvolto quasi 600 persone con una o poche linee di trattamento alle spalle. Tutti avevano ricevuto lenalidomide e avevano una malattia in progressione. I pazienti sono stati assegnati alla combinazione teclistamab + daratumumab oppure a una delle due terapie standard più utilizzate alla prima recidiva: DPd (daratumumab, pomalidomide, desametasone) o DVd (daratumumab, bortezomib, desametasone).
I RISULTATI DELLO STUDIO
I risultati dopo più di 34 mesi di osservazione sono stati netti: la progressione della malattia è stata molto più rara nel gruppo trattato con la combinazione sperimentale. Dopo tre anni, oltre l’80% dei pazienti trattati con teclistamab e daratumumab non mostra segni di peggioramento. Nei gruppi di confronto questa percentuale scende sotto il 30%. Anche la qualità della risposta è diversa: più dell’80% ha raggiunto una remissione completa,e oltre la metà ha ottenuto una malattia minima residua negativa, un indicatore di risposta profonda e duratura. Il beneficio si è tradotto anche in un vantaggio di sopravvivenza: a tre anni è vivo l’83% dei pazienti trattati con la combinazione, contro il 65% dei gruppi di confronto. Sul fronte della sicurezza il profilo è quello atteso per un anticorpo bispecifico. La sindrome da rilascio di citochine è frequente ma perlopiù lieve. Le infezioni sono più comuni nei primi mesi, ma si riducono nel tempo con la profilassi mirata e il passaggio alla somministrazione mensile. Il tasso di interruzione del trattamento per eventi avversi resta molto basso.
PROSPETTIVE FUTURE
I risultati di MajesTEC-3 aprono una prospettiva nuova nel trattamento del mieloma multiplo. Portare un anticorpo bispecifico già alla prima recidiva significa anticipare una strategia in grado di ottenere risposte profonde e durature, con un beneficio tangibile sia sulla progressione della malattia sia sulla sopravvivenza. È un cambio di passo che potrebbe ridefinire l’algoritmo terapeutico nei prossimi anni.
Restano però alcune sfide. La gestione delle infezioni richiede protocolli rigorosi e un’attenta selezione dei pazienti, soprattutto nei primi mesi di trattamento. È un punto che gli ematologi conoscono bene e che gli studi in corso stanno già affrontando con strategie di profilassi dedicate. Inoltre, sarà necessario capire come integrare i bispecifici con le CAR-T e con le altre terapie emergenti, in un contesto in cui l’ordine delle linee di cura sta diventando sempre più fluido. Nonostante queste incognite, la direzione è chiara: anticipare le immunoterapie più potenti per prolungare il controllo della malattia e migliorare la qualità di vita delle persone con mieloma.


