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Oncologia
Fabio Di Todaro
pubblicato il 26-07-2018

Tumore al testicolo: l'importanza di tenersi sempre sotto controllo



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Nelle persone guarite da un tumore al testicolo, la chemioterapia col cisplatino aumenta il rischio di sviluppare un secondo tumore anche a trent'anni di distanza. Ma uno stile di vita salutare fa la differenza

Tumore al testicolo: l'importanza di tenersi sempre sotto controllo

Il tumore al testicolo fa meno paura rispetto al passato. Nove persone su dieci che l'hanno avuto, sono vive a cinque anni dalla diagnosi. Ma proprio perché chi ha superato questa malattia vive sempre più a lungo, oggi ci si preoccupa di garantire agli uomini una qualità di vita che sia nel tempo soddisfacente e quanto più possibile paragonabile a quella del resto della popolazione. Volendo raggiungere questo obiettivo, occorre però tenere in considerazione un aspetto. Chi ha avuto una neoplasia di questo tipo, convive con una probabilità più alta di ammalarsi di un altro tumore solido, come confermato da uno studio pubblicato sul Journal of Clinical Oncology.   

COME EFFETTUARE
L'AUTOPALPAZIONE DEL TESTICOLO? 

I SECONDI TUMORI DOPO QUELLI DEL TESTICOLO

La ricerca - condotta in Olanda al fine di valutare il rischio di ammalarsi di un secondo tumore solido per una casistica di oltre 5800 pazienti trattati prima dei 50 anni - ha confermato quanto emerso già da alcuni studi precedenti. Osservando, nel periodo compreso tra il 1976 e il 2007, tutti questi uomini, gli epidemiologi hanno riscontrato un'incidenza più alta rispetto a quella della popolazione complessiva. Il rischio di sviluppare un secondo tumore è risultato più alto per entrambi i tumori da cui possono essere colpiti i testicoli: ovvero i seminomi (più diffusi) e i non seminomi (probabilità più alta). Tra chi era stato colpito da un non seminoma, sono stati riportati con maggiore frequenza i seguenti tumori: della tiroide, del polmone, dello stomaco, del pancreas, del colon-retto, della vescica, del melanoma, oltre ai sarcomi dei tessuti molli. A un precedente seminoma, invece, risultavano più di frequente associati i tumori del piccolo intestino, del pancreas e della vescica

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DANNI INDOTTI DAL CISPLATINO?

L'aumentato rischio è risultato correlato alla somministrazione del cisplatino, potente farmaco antitumorale in grado di interferire con tutte le fasi del ciclo cellulare e di inibire la duplicazione delle cellule neoplastiche. A scoprirlo, nel 1965, fu il chimico statunitense Barnett Rosenberg, quasi per caso. Il suo obiettivo era trovare un composto in grado di arrestare la crescita batterica e si rese conto di poter raggiungerlo mettendo assieme un metallo con un sale. Proseguendo negli studi, il cisplatino si rivelò in grado di inibire anche la proliferazione tumorale. Studi successivi hanno poi evidenziato altre conseguenze negative: come un aumentato rischio cardiovascolare e la riduzione dell’udito, con ripercussioni di entità dipendente dalle dosi di farmaco ricevute. Il cisplatino è un agente alchilante e la stessa azione che svolge a livello tumorale, inibendo di fatto la diffusione della neoplasia agendo a livello del Dna, può avvenire sulle cellule sane: da qui il rischio che lo stesso farmaco salvavita possa anche a distanza di trent'anni determina l'insorgenza di una nuova malattia neoplastica.


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MA LA CHEMIOTERAPIA SALVA LA VITA

Come conciliare l'esigenza terapeutica con un rischio più alto di riammalarsi nel tempo? «Il punto di partenza deve essere chiaro: il cisplatino ha rivoluzionato la terapia del tumore al testicolo, rendendolo uno di quelli che oggi mostra i più alti tassi di sopravvivenza - afferma Ugo De Giorgi, responsabile del gruppo di patologia uro-ginecologico dell'Istituto Scientifico Romagnolo per lo Studio e la Cura dei Tumori di Meldola (Forlì-Cesena) -. Chi è colpito dalla malattia, ha come priorità la guarigione. E dunque la terapia farmacologica è inevitabile e al momento non presenta alternative parimenti efficaci». Il tumore al testicolo può essere trattato con la sola chirurgia, se la malattia è limitata a una delle due gonadi maschili: in assenza di metastasi a distanza e con un basso rischio di ricaduta. Il ricorso alla chemioterapia, e dunque al cisplatino, avviene in due circostanze: nelle forme non seminomatose ad alto rischio di sviluppare metastasi e in quelle diagnosi di malattia già metastatica. Nell'ultimo studio il primo utilizzo - adiuvante, a scopo preventivo - non è stato correlato a un significativo rischio di sviluppare un secondo tumore. Mentre, nel secondo caso, si ricorre a una chemioterapia più massiccia, «che però arrivare a salvare la vita a nove persone su dieci», rammenta De Giorgi. «Sopratutto nelle diagnosi metastatiche, che per fortuna oggi ammontano soltanto a un terzo del totale, la chemioterapia è fondamentale».

L'IMPORTANZA DEGLI STILI DI VITA

Anche la radioterapia, rispetto alla sola chirurgia, espone a un rischio più alto di sviluppare nel tempo un tumore secondario. Un rischio relativo più alto - ovvero una probabilità più alta che chi ha avuto un tumore del testicolo ha rispetto a chi non l'ha avuto - riguarda anche l'insorgenza di malattie cardiovascolari, proprio in ragione di una tossicità diffusa che può intaccare cellule appartenenti ad altri organi solidi. Cosa deve fare allora una persona che ha superato un tumore al testicolo? «Non esiste un follow-up specifico né è stato mai dimostrato che un eccesso di esami diagnostici aiuti a evitare o a diagnosticare precocemente eventuali secondi tumori - chiosa lo specialista -. L'importante è adottare quei comportamenti che vengono considerati utili già in chiave preventiva: dunque non fumare, ridurre al minimo i consumi di alcolici, evitare la sedentarietà e il sovrappeso, esporsi al sole in maniera protetta. Bisogna fare tutto ciò che è nelle possibilità di ognuno di noi per ridurre il rischio di ammalarsi. E poi è necessario che ogni medico con cui si ha a che fare, di medicina generale o specialista, sia al corrente della malattia, che in alcuni casi la malattia s'è ripresentata fino a trent'anni dopo». 

 

Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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