Di 413 ragazzini di età media di 12 anni (dunque, molti, proprio bambini), 1 su 5 tenta almeno una volta il suicidio. Responsabile: il disturbo bipolare. Quella depressione che si alterna a stati di euforia (mania) o si sposa nei giovanissimi con intensa irritabilità. Diagnosticata solo raramente, ma anche allora spesso malcurata: infatti oltre la metà dei ragazzi e ragazze presi in esame dai ricercatori stavano assumendo psicofarmaci quando hanno compiuto quel gesto estremo che, per chi non è del mestiere, mai ci si aspetterebbe a quell’età».
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ADOLESCENZA POCO STUDIATA
«Evidentemente la cura che stavano seguendo non era tale da fermarli da azioni autolesive», ha commentato Paola Clayton, direttore medico dell’American Foundation for Suicide Prevention. «O troppo forte, o troppo debole, o semplicemente sbagliata. Per cui, dinanzi a un tentativo di suicidio, penso che occorra rivedere radicalmente la terapia». «Il che non è molto facile», interviene Giuseppe Maina, professore associato di Psichiatria all’Università di Torino, «perché sono davvero pochi gli studi farmacologici sull’adolescenza: resistenza etica e stigma sociale dissuadono dal condurli. E, invece, usando buon senso e senso scientifico si possono curare i ragazzi, e anche i bambini, con buoni risultati. Accade, invece, che, appena un minore mostra problemi, si pensa sempre e solo allo psicologo. Ma anche la psicoterapia può avere controindicazioni».
PSICOTERAPIE RISCHIOSE
Questa possibilità non è compresa nell’opinione corrente. «Al peggio, male non fa», si pensa comunemente delle varie terapie della parola. Proprio il nuovo studio americano, condotto alla Western Psychiatric Institute and Clinic dell’Università di Pittsburgh e guidato dalla dottoressa Tina Goldstein, indica tra i fattori di rischio un prolungato o reiterato ricorso a visite e terapie psicologiche. Possibile? «Evidentemente sì», risponde Maina, «o perché il tipo di trattamento praticato è incongruo o forse, e soprattutto (lo studio non specifica), se la psicoterapia è scelta in alternativa all’impiego di farmaci. E’ vero che in questi giovanissimi pazienti bisogna ricorrere agli antidepressivi con cautela, ma si possono impiegare gli stabilizzatori dell’umore, che sono le sostanze d’elezione per fermare il saliscendi dell’umore su e giù». Per esempio quali? «Sali di litio, acido valproico, lamotrigina, carbamazepina». Altri segni premonitori di un possibile tentativo di suicidio in un bambino o giovanissimo riscontrati dallo studio americano (che è stato condotto seguendo i giovani nell’arco di 5 anni) figurano: un esordio grave della depressone, una storia di depressione in famiglia, l’uso di droghe, sintomi di umore misti (stati misti).

NON SOTTOVALUTARE I SEGNALI
Professor Maina, che cosa si può suggerire a chi ha figli giovani “disturbati”? «L’adolescenza, che comunemente viene definita età difficile, lo è anche da interpretare sotto il profilo diagnostico. Le stranezze dei ragazzi possono sembrare sintomi di crescita, disturbi prodotti appunto dall’età», afferma l'esperto. Che consiglio dare a genitori di un figlio giovanissimo che diventa “strano”? «Anche se i segni sono lievi, non vanno sottovalutati», è la risposta.« Bisogna intervenire, ma non correndo subito dallo psicologo. Occorre uno specialista che faccia la diagnosi. Solo dopo viene la scelta della cura. Se lo psichiatra dice che non c’è disturbo bipolare, che si tratta di una crisi adolescenziale, allora può essere indicata una cura psicologica. Ma se la diagnosi è di disturbo bipolare, altro è l’intervento, come abbiamo già detto». Aggiungiamo che va ricordato che la depressione bipolare è quella a più alto tasso di suicidio e che il suicidio è la seconda causa di morte, dopo gli incidenti stradali, tra ragazzini e giovani.
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