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Oncologia

Tumore dell'ovaio: nuove combinazioni per le forme avanzate

L'utilizzo combinato di olaparib e durvalumab migliora la sopravvivenza libera da malattia, anche nelle forme che non presentano difetti di ricombinazione omologa

Parola d'ordine: combinare. Nel tumore dell'ovaio in stadio avanzato, unire la forza dell'immunoterapia con la precisione dei farmaci a bersaglio molecolare è la strategia migliore per provare a tenere sotto controllo la malattia. Nello studio DUO-O, presentato a Chicago al congresso dell'American Society of Clinical Oncology (ASCO), la combinazione di olaparib e durvalumab in aggiunta alla terapia standard si è dimostrata utile nell'estenere la progressione libera da malattia. Un risultato particolarmente importante poiché ottenuto anche in quelle pazienti senza mutazione nei geni BRCA e che non presentano difetti di ricombinazione omologa, caratteristica che spesso non le rende idonee a ricevere un PARP inibitore come olaparib.

IL TUMORE DELL'OVAIO

Il tumore dell'ovaio, che nel nostro Paese vede circa 5 mila nuove diagnosi all'anno, rappresenta una sfida in termini di cure. Purtroppo solo poco più del 40% delle donne sopravvive a 5 anni dalla diagnosi. La ragione è data dalla diagnosi tardiva: poiché non esiste modo per fare diagnosi precoce, l'80% di queste neoplasie è scoperto quando la malattia è già in fase avanzata. Una situazione che riduce notevolmente l'aspettativa di vita.

CURE DIFFERENZIATE

La chirurgia rappresenta l'approccio principale nel trattamento seguita da chemio e radioterapia. Successivamente si procede con una terapia di mantenimento poiché il 70% delle donne con malattia avanzata va incontro a recidiva entro due anni. Fortunatamente negli anni sono stati sviluppati farmaci più mirati come gli antiangiogenetici -che impediscono la crescita del tumore- e i PARP inibitori come olaparib capace di agire in maniera selettiva sulle cellule mutate che provocano il tumore ovarico. Ad oggi però, anche nel nostro Paese, l'utilizzo di questi ultimi può avvenire solo se la malattia è caratterizzata da un difetto di ricombinazione omologa, caratteristica che rende il tumore suscettibile all'azione dei PARP inibitori. Circa il 50% dei tumori dell'ovaio presenta questo difetto. 

LO STUDIO

Per cercare di riuscire a trattare efficacemente anche quella quota di donne con tumore dell'ovaio in fase avanzata che non presentano il difetto di ricombinazione omologa, diversi studi si sono concentrati sull'utilizzo di più combinazioni di molecole. Uno di questi è lo studio di fase 3 DUO-O che ha valutato l'utilizzo dell'immunoterapia con durvalumab, il PARP inibitore olaparib, la chemioterapia e bevacizumab.

Effettuato su 1300 donne con tumore dell'ovaio in stadio avanzato indipendentemente dall'avere un difetto di ricombinazione omologa, i risultati presentati ad ASCO non lasciano spazio ad interpretazioni: dalle analisi è emerso che la combinazione dei differenti farmaci ha portato ad una riduzione del rischio di progressione della malattia del 32%. Risultato ottenuto indipendentemente dalla presenza o meno del difetto di ricombinazione omologa. Un risultato importante che dimostra come la combinazione di più terapie sia in grado di meglio controllare sul lungo termine il tumore dell'ovaio in stadio avanzato. 

fonti

Addition of Olaparib and Durvalumab Prolonged Progression-Free Survival in Patients With Advanced Ovarian Cancer – ASCO

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