Sale: meno di 5 grammi al giorno per proteggere il cuore
Pericolosa e infondata l'ipotesi di allentare la presa sull'abuso di sale, in grado di determinare ipertensione e mettere a rischio la salute di cuore e arterie. Ecco come ridurne l'apporto
Cinque grammi, tra quelli naturalmente presenti negli alimenti e quelli (discrezionalmente) aggiunti. Ovvero: l'equivalente di un cucchiaino da caffè. A tanto ammonta il quantitativo giornaliero di sale che potremmo consumare, per non mettere a rischio il cuore e le arterie. La precisazione giunge nel corso della settimana per la riduzione dei consumi di sale, che quest'anno ha rappresentato l'occasione per puntualizzare un'evidenza scientifica consolidata, ma rimessa (pericolosamente) in discussione negli ultimi anni: il ruolo che l'eccesso di sale assunto attraverso la dieta gioca nell'insorgenza dell'ipertensione, tra i più rilevanti fattori di rischio cardiovascolare.
LA CONTROVERSIA SCIENTIFICA
Un aspetto su cui non ci possono essere più dubbi. «Numerosi studi controllati di intervento confermano che un elevato consumo di sale è associato ad aumento della pressione, mentre la riduzione viaggia a braccetto con una riduzione dei valori pressori», afferma Pasquale Strazzullo, direttore della clinica medica dell'Università Federico II di Napoli e presidente della Società Italiana di Nutrizione Umana (Sinu). Ciononostante una serie di recenti pubblicazioni - l'ultima delle quali apparsa sulle colonne della rivista The Lancet nel 2018, riportata nelle fonti - ha generato una controversia scientifica e seminato dubbi sulla convenienza della correzione dell’abuso di sale. Lavori che hanno insinuato il dubbio che la riduzione dei consumi al di sotto dei cinque grammi al giorno - secondo quelle che sono le indicazioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità - possa essere pericolosa e che sia invece preferibile un consumo pari a quello corrente nella maggior parte dei Paesi europei, se non più alto. Ipotesi al momento priva di fondamento.
COME QUEL CHE MANGIAMO PUO' RENDERCI MALATI?
PIU' SALE? PIU' IPERTENSIONE
La posizione emersa negli ultimi mesi è in contrasto con l’obiettivo posto da tempo dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che, anzi, auspica una riduzione globale del trenta per cento del consumo di sale rispetto ai valori correnti entro il 2025. Secondo gli esperti della Sinu, che hanno pubblicato un documento ufficiale sulla propria rivista, gli studi in questione sono affetti da diversi errori di metodo, da mettere in evidenza per evitare di far filtrare messaggi controversi. Chiarisce Franco Cappuccio, epidemiologo dell'Università di Warwick e co-autore della posizione ufficiale, che «in questi lavori il consumo di sale è stato stimato in maniera inadeguata, di conseguenza la relazione esistente con l'insorgenza di eventi cardiovascolari è basata su consumi inaffidabili». A ciò occorre aggiungere che nelle ricerche sono stati inseriti pazienti già affetti da malattie metaboliche e cardiovascolari, aspetto che vizia il messaggio da portare a casa da parte della popolazine sana (prevenzione primaria). Inspiegabile, infine, risulta la correlazione tra la riduzione dei consumi di sale e l'eventuale aumentato rischio cardiovascolare. «Nessuna evidenza scientifica permette di fare una simile affermazione».
RIDURRE IL CONSUMO DI SALE E' POSSIBILE
La posizione espressa dagli esperti italiani è stata condivisa anche dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha precisato «come l'inclusione in alcuni studi di individui già malati e che assumono diversi farmaci produce risultati e interpretazioni fuorvianti». Da qui dunque l'invito a limitare i consumi di sale. I consigli sono gli stessi diffusi lo scorso anno: scolare e sciacquare verdure e fagioli in scatola e mangiare più frutta e verdure fresche; diminuire gradualmente l'aggiunta di sale ai piatti, per fare in modo che il palato possa adattarsi ai nuovi gusti; usare erbe, spezie, aglio e limone (al posto del sale) per aggiungere sapore ai tuoi piatti; mettere il sale e le salse salate lontano dalla tavola; controllare le etichette dei prodotti alimentari per scegliere quelli a minor contenuto di sale.
I dieci alimenti che contengono più sodio
Salsa di soia (sodio: 5,72/100 grammi prodotto) Si tatta di un condimento che nasce in cina, ma oggi risulta diffuso in tutta la cucina orientale (giapponese, filippina, coreana e indiana). La salsa è ottenuta mescolando soia, grano tostato, acqua e sale. Il suo uso sta iniziando a diffondersi molto anche in Italia. Il contenuto di sale e glutammato non ne rende consigliabile l'uso in diete povere di sodio. Al momento i nutrizionisti non quantificano l'utilizzo raccomandato. La Società Italiana di Nutrizione Umana (Sinu) consiglia di «limitare l’uso di condimenti alternativi contenenti sodio: come la salsa di soia, il dado da brodo, il ketchup e la senape»
Minestrone liofilizzato (sodio: 5,6/100 grammi prodotto) Si tratta di una soluzione sempre più diffusa in quanto di facile realizzazione. I prodotti liofilizzati vengono congelati, dopodiché disidratati per eliminare virus e batteri.
E la salute è più protetta. Ecco perché le confezioni devono essere ermetiche (controllate sempre con cura, al momento dell’acquisto), sterili e chiuse sottovuoto. Ma i prodotti liofilizzati hanno un contenuto di sale che spesso trascuriamo, perché non vediamo. Prodotti surgelati e liofilizzati risultano spesso addizionati in sale al fine di garantire una maggiore sapidità al palato del consumatore
Prosciutto crudo di Parma (sodio: 2,57/100 grammi prodotto) Non contiene conservanti. Ma in ragione del suo contenuto di sale, necessario al fine di evitare contaminazioni batteriche, il Prosciutto crudo di Parma va consumato con parsimonia. In cento grammi di prosciutto, c'è il quantitativo di sodio massimo che non dovrebbe essere superato ogni giorno, secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità
Salame Brianza (sodio: 1,8/100 grammi di prodotto) Si tratta di un prodotto che viene realizzato nell'omonima zona, a nord di Milano e a sud di Como. Il Salame Brianza viene prodotto con carni suine provenienti da allevamenti della Lombardia, dell'Emilia Romagna e del Piemonte
Caviale (sodio: 2,2/100 grammi di prodotto) Il caviale si ottiene attraverso il trattamento e salatura delle uova di diverse specie di storione. Anche in questo caso, però, negli anni si è riusciti a realizzare un prodotto con quantità di sale (e dunque di sodio) più contenute. Anzi: oggi il caviale di maggiore qualità è considerato proprio quello meno salato
Salmone affumicato (sodio: 1,88/100 grammi di prodotto) Il salmone affumicato è ormai da anni un alimento presente in molti pranzi e cene, anche in Italia. A premiarlo è la sua versatilità: si può usare dalle tartine alla pasta, per imbottire torte salate e preparare carpacci. La maggior parte del pesce che finisce sulle tavole italiane proviene da allevamenti, principalmente scandinavi
Pecorino Si tratta di un formaggio prodotto esclusivamente con latte di pecora. Si tratta di un prodotto di origine mediterranea, ma è prodotto e diffuso anche altrove. Il sale ha funzione di salatura, selezione della flora batterica e conservazione dell'umidità in superficie
Salame Felino (sodio: 1,69/100 grammi di prodotto) Viene prodotto in provincia di Parma, come testimonia anche il suo nome, legato al Comune di Felino. Come accade per tutti i salami, anche il Felino riceve un trattamento di salagione e speziatura. In questo caso cento grammi di prodotto consumati in un solo giorno permettono di assumere quasi il 60 per cento del quantitativo di sodio massimo indicato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità
Salame Napoli (sodio: 1,69/100 grammi di prodotto) A dispetto del nome, si tratta di una produzione diffusa in tutta la Campania. Cento grammi di prodotto garantiscono una quantità di sodio pari al 60 per cento di quello massimo indicato dalle istituzioni sanitarie. Ma per una visione più globale, e non limitata soltanto al sodio e alla prevenzione delle malattie cardiovascolari, è meglio guardare ai 50 grammi a settimana di cui parla l'Organizzazione Mondiale della Sanità, per tenere sotto controllo anche il potenziale cancerogeno delle carni trasformate
Prosciutto crudo disossato, privo di grasso visibile (sodio: 2,4/100 grammi di prodotto) Il prosciutto crudo è in assoluto il salume col maggior contenuto di sale. E, di conseguenza, di sodio (pari al 40 per cento del quantitativo di sale). Negli anni i contenuti sono stati ridotti, ma l'aggiunta è inevitabile nel momento in cui occorre affrontare un lungo periodo di stagionatura