Una singola dose di vaccino contro il papillomavirus umano (HPV) si è dimostrata non inferiore al ciclo classico a due dosi nella protezione contro le infezioni da HPV 16 e 18. È questo, in estrema sintesi, il risultato del più grande studio condotto sul tema e pubblicato sulle pagine del New England Journal of Medicine. Un risultato in linea con le osservazioni preliminari e dal grande impatto organizzativo: semplificare la vaccinazione potrebbe aumentare in modo significativo la copertura senza compromettere l'efficacia, soprattutto dove oggi l’accesso è ancora difficoltoso.
QUANDO LA CAUSA DEL TUMORE È UN VIRUS
Molti tumori nascono da un intreccio di fattori genetici e comportamentali. Ma in alcune neoplasie un ruolo determinante è giocato dalle infezioni virali, come nel caso dell'HOV. Il 99% dei tumori della cervice uterina è infatti causato da alcune varianti ad alto rischio di papillomavirus. Non solo, l’infezione è responsabile di una quota consistente di tumori dell’orofaringe (circa il 32-36%), oltre a quelli dell’ano e del pene. Entrare in contatto con il virus non significa sviluppare un tumore, ma il legame causa-effetto è chiaro e dimostrato.
IL RUOLO DELLA VACCINAZIONE
Di papillomavirus ne esistono circa 100 tipologie differenti. Alcuni sono responsabili di lesioni benigne come i condilomi, altri sono in grado di produrre lesioni potenzialmente in grado di generare i tumori sopra elencati. Proprio per il legame causa-effetto tra infezione e possibile sviluppo del tumore (la relazione è valsa il premio Nobel nel 2008 ad Harald Zur Hausen), negli anni sono stati sviluppati dei vaccini capaci di neutralizzare il virus riducendo notevolmente la possibilità di sviluppo del tumore. Somministrati prima dell’inizio dell’attività sessuale -idealmente tra i 9 e i 14 anni- la vaccinazione rappresenta uno degli strumenti più efficaci per la prevenzione oncologica. Attualmente il vaccino, somministrato in due dosi, viene offerto gratuitamente a ragazze e ragazzi nel 12° anno di età in molti paesi, compresa l’Italia.
DA DOVE NASCE L'IDEA DELLA SINGOLA DOSE?
L'idea di provare a verificare se anche una sola dose sia efficace quanto il ciclo completo nasce quasi per caso. Tutto inizia con le osservazioni provenienti dal Costa Rica Vaccine Trial (CVT), uno studio clinico iniziato nel 2004. In questo trial, circa il 20% delle partecipanti ricevette solo una delle due dosi previste principalmente per motivi non legati al vaccino, come gravidanze o altre circostanze. Rianalizzando i dati negli anni successivi, i ricercatori notarono che anche una sola dose manteneva livelli anticorpali elevati e stabili fino a sette anni. Da qui l’ipotesi: una dose potrebbe bastare.
I RISULTATI DELLO STUDIO
Ed è proprio per verificare questa ipotesi che è nato ESCUDDO, studio condotto in Costa Rica su 20.330 ragazze tra 12 e 16 anni, assegnate a ricevere una o due dosi di vaccino bivalente o nonavalente. Obiettivo del trial era verificare se una sola dose potesse prevenire con la stessa efficacia le infezioni persistenti da HPV 16 e 18, quelle più strettamente associate allo sviluppo del tumore. Analizzando tutte le infezioni nuove e persistenti comparse nei cinque anni successivi alla vaccinazione, i ricercatori hanno visto che le ragazze che avevano ricevuto una sola dose si ammalavano alla stessa frequenza di quelle vaccinate con due dosi. Per dare un ordine di grandezza: nel gruppo che aveva ricevuto il vaccino bivalente, la differenza tra una e due dosi è risultata pari a –0,13 casi ogni 100 ragazze; con il nonavalente, la differenza è stata di +0,21 casi ogni 100 ragazze. Scarti minimi, pienamente compatibili con la “non inferiorità”.
Ma il dato più immediato arriva dall’efficacia. In tutte le combinazioni -una dose bivalente, due dosi bivalente, una dose nonavalente, due dosi nonavalente- l’efficacia nel prevenire le infezioni persistenti da HPV 16 e 18 è risultata almeno del 97%. Questo significa che su 100 ragazze vaccinate, 97 non hanno sviluppato un’infezione persistente da questi due tipi virali ad alto rischio durante il periodo di osservazione. Un risultato che conferma come la protezione rimanga altissima indipendentemente dal numero di dosi.
VERSO UNA STRATEGIA VACCINALE SEMPLIFICATA?
La conferma fornita dallo studio rafforza l’idea che una strategia vaccinale semplificata possa avere un impatto reale sulla salute pubblica. Introdurre la dose singola permetterebbe infatti di raggiungere molte più adolescenti, in particolare nelle aree del mondo dove oggi la vaccinazione fatica a decollare. Una direzione già indicata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che dal 2022 prevede la possibilità di un ciclo a una sola dose proprio per facilitare l’accesso nei Paesi con risorse limitate.


