Alcol: in Italia consumi ancora elevati (soprattutto per giovani e donne)
Nel 2018 l'alcol ha causato 40mila accessi in pronto soccorso e 55mila ricoveri. E dopo la pandemia, i numeri potrebbero crescere ancora
È un’istantanea in chiaroscuro, quella che emerge dalla relazione annuale del ministero della Salute sui consumi di bevande alcoliche in Italia. Gli ultimi dati diffusi, relativi al 2018, fotografano due curve divergenti. Da un lato si registra l’aumento di coloro che bevono occasionalmente e lontano dai pasti. Dall’altro cala la quota di italiani abituati a consumare vino (soprattutto), birra o superalcolici a cadenza quotidiana. Ma la flessione è di scarsa entità e non permette di considerare imboccata la strada giusta: quella invocata da chi si occupa di prevenzione. «Non esistono consumi di alcolici sicuri per la salute», ricorda Emanuele Scafato, direttore dell’Osservatorio Nazionale Alcol dell’Istituto Superiore di Sanità e blogger di Fondazione Umberto Veronesi. A testimoniarlo, ci sono due numeri: quelli che descrivono l’impatto che queste bevande hanno in termini di mortalità (4 per cento) e di anni di vita persi per disabilità (5 per cento) a livello europeo.
I FALSI MITI LEGATI ALL'ALCOL
QUANTO ALCOL CONSUMANO GLI ITALIANI?
Nel complesso, nel 2018 in Italia sono stati conteggiati 8.7 milioni di consumatori a rischio: abituati a eccedere con le dosi indicate come limite dalle autorità sanitarie. Dalla lettura del documento (costruito sulla base dei dati raccolti dall’Istat) si ha la conferma del graduale trend di crescita riguardante i consumatori occasionali di bevande alcoliche, passati dal 44 al 46 per cento in un anno (ma l’aumento è di quasi sei punti, rispetto al 2008). Interpretando il dato, si deduce che una quota sempre più alta di italiani prende confidenza con birra, vino e superalcolici. Durante i pasti, ma non solo. Rispetto al 2017, infatti, è cresciuto di un punto (dal 29 al 30 per cento) anche il dato riguardante i consumi nelle fasce orarie comprese tra il pranzo e la cena e a tarda sera. Numeri che rispecchiano un cambio delle abitudini nei consumi, in corso da diversi anni. Variazione che riguarda anche quelli quotidiani. Questi, al contrario, risultano in leggero calo e rappresentano una tendenza che appartiene a 1 italiano su 5. Nel confronto tra consumatori occasionali e «habitué», balza all’occhio una differenza sul piano sociale. Tra i primi, si registrano soprattutto persone laureate e donne (soprattutto in relazione ai consumi fuori pasto). Del secondo gruppo fanno invece parte persone (perlopiù uomini) spesso in possesso di un titolo di studio inferiore. Questo vuol dire che i consumi di bevande alcoliche rappresentano spesso un «lusso» non alla portata di tutti. E in parte spiega perché le due curve abbiano un andamento opposto.
Oltre ai bicchieri fuori pasto, l’abitudine al bere da parte dei più giovani si conferma una delle maggiori preoccupazioni sul piano della salute pubblica. Rimane infatti disattesa l’indicazione degli esperti, che raccomandano di non bere almeno fino alla maggior età: spostando il limite anche oltre, considerando che lo sviluppo cerebrale prosegue una volta finita la scuola. Nel complesso, dall’inizio del secolo a oggi, il consumo regolare di alcolici da parte dei ragazzi è calato. Ma i numeri rimangono ancora elevati. Nel 2018, per esempio, quasi 1 ragazzo su 2 e poco più di una coetanea su 3 (11-24 anni) ha consumato almeno una bevanda alcolica nel corso dell’anno. E un adolescente su 3 ha bevuto il primo bicchiere a 13 anni, poco meno di 1 su 10 alla stessa età aveva già sperimentato una «sbronza». Con queste premesse, non sorprende che a 15 anni beva già oltre il 10 per cento di loro: soprattutto maschi. Quanto alle scelte, se gli adulti preferiscono il vino, è la birra la bevanda più gradita dai giovanissimi (nonostante la vendita degli alcolici in Italia sia vietata fino ai 18 anni). Anche in questo caso, si osserva una variabile sociale da non trascurare. La tendenza a bere precocemente, a cadenza settimanale e fino all’ubriacatura, riguarda perlopiù i giovani cresciuti in famiglie benestanti. Oltre che i ragazzi abituati a vedere circolare l'alcol tra le mura domestiche.
Per quanto in parte accettato, il consumo di bevande alcoliche rappresenta un rischio per la salute pubblica su più livelli. A documentarlo ci sono i dati provenienti dagli ospedali. Nel corso del 2018, l’abuso di alcol è stato la causa di 40mila accessi in Pronto Soccorso per una diagnosi direttamente o meno attribuibile all’alcol. E in 1 caso su 10 involontari protagonisti sono stati gli adolescenti. Analizzando i ricoveri, invece, si scopre che poco più di 55mila persone hanno trascorso almeno una notte in ospedale per un problema legato al consumo di bevande alcoliche. A incidere di più sono state - nell’ordine - la steatosi epatica, le epatiti e la cirrosi. A seguire le intossicazioni acute, le forme croniche di dipendenza e la dipsomania (impulso irresistibile a consumare bevande alcoliche). Nuovi casi di malattia, ma anche decessi: 1.290 quelli correlati al consumo di bevande alcoliche nel 2016 (in leggero aumento rispetto all’anno precedente), soprattutto a causa di malattiecroniche e disturbi psicotici. Alle morti direttamente attribuibili, occorre però aggiungere la stima di circa 17mila decessi attribuibili a oltre 200 malattie causate dall’eccessivo consumo di alcolici: tumori, cirrosi epatica, problematiche cardiovascolari e incidenti stradali le più frequenti.
ALCOLISTI PAZIENTI DIMENTICATI
Oltre ai numeri, però, a preoccupare è anche la scarsa assistenza sanitaria che viene riservata ai pazienti alle prese con una dipendenza da alcol. I servizi presenti sul territorio riescono a soddisfare poco più del 10 per cento di quella che dovrebbe essere la richiesta. Questo lo si evince incrociando i dati relativi ai pazienti in cura per una dipendenza: poco più di 65mila nel 2018 (di cui quasi 18mila persone al primo accesso), perlopiù tra i 40 e i 60 anni. Ma considerando la stima di circa 600mila connazionali che manifestano condizioni compatibili con l’eccesso consumo di bevande alcoliche, si deduce che «la dipendenza da alcol è una tra le più rilevanti disuguaglianze di salute e una tra le più neglette condizioni tra tutte quelle afferenti alla salute mentale», aggiunge Scafato (scopri quali farmaci si usano per curare l'alcolismo).
Fin qui i dati relativi al 2018. Ma guardando oltre - e nello specifico all’anno in corso - c’è poco da essere ottimisti. Sono infatti già diversi gli studi che hanno documentato un aumento dei consumi di alcolici durante la pandemia. Dati che preoccupano, a cui aggiungere quelli raccolti all’inizio del secolo in occasione dell’epidemia di Sars, in occasione di catastrofi naturali e degli attentati dell’11 settembre: dopo i quali si è sempre registrata una maggiore tendenza al bere come conseguenza dell’isolamento sociale e del disagio psicologico che spesso accompagna eventi così tragici. Motivo per cui, conclude Scafato, «è necessario pensare subito alle azioni con cui arginare l’ondata di disordini da alcol attesa per i prossimi mesi e anni».
Alcol e giovani: il decalogo per i genitori
La consapevolezza deve nascere già da bambini Parlare ai giovani, fin da quando sono bambini, dei danni e dei rischi legati all’alcol.
Esordire con questo tipo di discorsi in età adolescenziale, quando tutto è soggetto a
critica e frutto dell’ ”esagerazione” dei genitori, può anche essere controproducente (Istituto Superiore di Sanità)
Il buon esempio deve venire dai genitori I ragazzi sempre più frequentemente bevono per superare difficoltà di relazione e
assumere un ruolo all’interno del gruppo. Quando l’alcol acquista un valore
comportamentale, ai genitori spetta un ruolo chiave: dare il buon esempio, creando
un ambiente familiare in cui la presenza dell’alcol è visibile, ma discreta e il
consumo moderato (Istituto Superiore di Sanità)
Gli adolescenti non riescono a metabolizzare l'alcol Insegnare ai giovani che prima dei 15 anni l’apparato digerente non è ancora in
grado di “smontare” l’alcol, perché il sistema enzimatico non è completamente
sviluppato. Le ragazze inoltre, e in generale tutte le donne, sono in grado di
eliminare la metà di una dose d’alcol che riesce a metabolizzare un uomo (Istituto Superiore di Sanità)
Conseguenze più pesanti in gravidanza Sia le adolescenti che le donne adulte devono sapere che l’alcol nuoce al feto. Il
nascituro non è dotato di sistemi enzimatici capaci di smaltire l’alcol. Sono
sufficienti due bicchieri di bevanda alcolica al giorno per pregiudicare la salute del
bambino e distruggere i neuroni di un cervello ancora in formazione (Istituto Superiore di Sanità)
Il rischio aumenta se ci si mette alla guida Un preciso limite separa il consumo dall’abuso. Occorre dunque informare i
giovani, spiegando loro come le performance individuali cambino sotto l’influenza di
un abuso alcolico. Anche una banale serata in pizzeria può trasformarsi in una
situazione a rischio quando si deve tornare a casa in auto o in motorino (Istituto Superiore di Sanità)
Ci si diverte anche senza alcol Coinvolgere i figli nell’organizzazione di una festa o di un semplice incontro può
essere l’occasione per dimostrare che ci si può divertire anche con le sole bevande
analcoliche (Istituto Superiore di Sanità)
La parola d'ordine è moderazione I genitori dovrebbero compiere un training lungo tutto il percorso di vita dei figli,
orientandoli al consumo di bevande analcoliche (non solo a casa, ma anche al
ristorante o in pizzeria), non favorendo un consumo precoce e dando sempre un
esempio di moderazione (Istituto Superiore di Sanità)
Avvicinarsi alla dipendenza senza accorgersene Spiegare ai giovani che il nostro organismo richiede nel tempo quantità sempre
maggiori di alcol per provare le stesse esperienze di piacere. L’obiettivo di sentirsi
più disinvolti, loquaci ed euforici richiede quantità progressivamente crescenti. I
bicchieri aumentano, si perde il controllo ma si diventa anche dipendenti dall’alcol (Istituto Superiore di Sanità)
I giovani devono saper leggere le etichette Insegnare ai ragazzi a leggere le etichette e analizzare con loro le bottiglie e le
lattine contenenti alcol da cui sono attirati per la forma, il colore e il sapore. Serve a
far sentire più complici i genitori, ma al contempo è un’occasione per evidenziare
particolari importanti, spesso trascurati, come, ad esempio, la gradazione alcolica (Istituto Superiore di Sanità)
Un aiuto dall'anticonformismo I giovani sono per natura poco inclini al conformismo. Conviene allora sfruttare questa sana predisposizione per osservare e smontare con loro la pubblicità sugli alcolici trasmesse dai media. Può essere un ottimo esempio per incrementare la capacità critica su ciò che la pubblicità promette e che poi, di fatto, non trova riscontro nella realtà quotidiana (Istituto Superiore di Sanità)