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Alimentazione
Fabio Di Todaro
pubblicato il 16-12-2020

Alcol: in Italia consumi ancora elevati (soprattutto per giovani e donne)



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Nel 2018 l'alcol ha causato 40mila accessi in pronto soccorso e 55mila ricoveri. E dopo la pandemia, i numeri potrebbero crescere ancora

Alcol: in Italia consumi ancora elevati (soprattutto per giovani e donne)

È un’istantanea in chiaroscuro, quella che emerge dalla relazione annuale del ministero della Salute sui consumi di bevande alcoliche in Italia. Gli ultimi dati diffusi, relativi al 2018, fotografano due curve divergenti. Da un lato si registra l’aumento di coloro che bevono occasionalmente e lontano dai pasti. Dall’altro cala la quota di italiani abituati a consumare vino (soprattutto), birra o superalcolici a cadenza quotidiana. Ma la flessione è di scarsa entità e non permette di considerare imboccata la strada giusta: quella invocata da chi si occupa di prevenzione. «Non esistono consumi di alcolici sicuri per la salute», ricorda Emanuele Scafato, direttore dell’Osservatorio Nazionale Alcol dell’Istituto Superiore di Sanità e blogger di Fondazione Umberto Veronesi. A testimoniarlo, ci sono due numeri: quelli che descrivono l’impatto che queste bevande hanno in termini di mortalità (4 per cento) e di anni di vita persi per disabilità (5 per cento) a livello europeo.

I FALSI MITI LEGATI ALL'ALCOL 

QUANTO ALCOL CONSUMANO GLI ITALIANI?

Nel complesso, nel 2018 in Italia sono stati conteggiati 8.7 milioni di consumatori a rischio: abituati a eccedere con le dosi indicate come limite dalle autorità sanitarie. Dalla lettura del documento (costruito sulla base dei dati raccolti dall’Istat) si ha la conferma del graduale trend di crescita riguardante i consumatori occasionali di bevande alcoliche, passati dal 44 al 46 per cento in un anno (ma l’aumento è di quasi sei punti, rispetto al 2008). Interpretando il dato, si deduce che una quota sempre più alta di italiani prende confidenza con birra, vino e superalcolici. Durante i pasti, ma non solo. Rispetto al 2017, infatti, è cresciuto di un punto (dal 29 al 30 per cento) anche il dato riguardante i consumi nelle fasce orarie comprese tra il pranzo e la cena e a tarda sera. Numeri che rispecchiano un cambio delle abitudini nei consumi, in corso da diversi anni. Variazione che riguarda anche quelli quotidiani. Questi, al contrario, risultano in leggero calo e rappresentano una tendenza che appartiene a 1 italiano su 5. Nel confronto tra consumatori occasionali e «habitué», balza all’occhio una differenza sul piano sociale. Tra i primi, si registrano soprattutto persone laureate e donne (soprattutto in relazione ai consumi fuori pasto). Del secondo gruppo fanno invece parte persone (perlopiù uomini) spesso in possesso di un titolo di studio inferiore. Questo vuol dire che i consumi di bevande alcoliche rappresentano spesso un «lusso» non alla portata di tutti. E in parte spiega perché le due curve abbiano un andamento opposto.


La dipendenza da alcol (spesso) è questione di neuroni

CONSUMI ANCORA ELEVATI TRA I GIOVANI

Oltre ai bicchieri fuori pasto, l’abitudine al bere da parte dei più giovani si conferma una delle maggiori preoccupazioni sul piano della salute pubblica. Rimane infatti disattesa l’indicazione degli esperti, che raccomandano di non bere almeno fino alla maggior età: spostando il limite anche oltre, considerando che lo sviluppo cerebrale prosegue una volta finita la scuola. Nel complesso, dall’inizio del secolo a oggi, il consumo regolare di alcolici da parte dei ragazzi è calato. Ma i numeri rimangono ancora elevati. Nel 2018, per esempio, quasi 1 ragazzo su 2 e poco più di una coetanea su 3 (11-24 anni) ha consumato almeno una bevanda alcolica nel corso dell’anno. E un adolescente su 3 ha bevuto il primo bicchiere a 13 anni, poco meno di 1 su 10 alla stessa età aveva già sperimentato una «sbronza». Con queste premesse, non sorprende che a 15 anni beva già oltre il 10 per cento di loro: soprattutto maschi. Quanto alle scelte, se gli adulti preferiscono il vino, è la birra la bevanda più gradita dai giovanissimi (nonostante la vendita degli alcolici in Italia sia vietata fino ai 18 anni). Anche in questo caso, si osserva una variabile sociale da non trascurare. La tendenza a bere precocemente, a cadenza settimanale e fino all’ubriacatura, riguarda perlopiù i giovani cresciuti in famiglie benestanti. Oltre che i ragazzi abituati a vedere circolare l'alcol tra le mura domestiche.


Un paziente oncologico su 3 eccede con le bevande alcoliche

I DANNI DELL'ALCOL SI «VEDONO» NEGLI OSPEDALI

Per quanto in parte accettato, il consumo di bevande alcoliche rappresenta un rischio per la salute pubblica su più livelli. A documentarlo ci sono i dati provenienti dagli ospedali. Nel corso del 2018, l’abuso di alcol è stato la causa di 40mila accessi in Pronto Soccorso per una diagnosi direttamente o meno attribuibile all’alcol. E in 1 caso su 10 involontari protagonisti sono stati gli adolescenti. Analizzando i ricoveri, invece, si scopre che poco più di 55mila persone hanno trascorso almeno una notte in ospedale per un problema legato al consumo di bevande alcoliche. A incidere di più sono state - nell’ordine - la steatosi epatica, le epatiti e la cirrosi. A seguire le intossicazioni acute, le forme croniche di dipendenza e la dipsomania (impulso irresistibile a consumare bevande alcoliche). Nuovi casi di malattia, ma anche decessi: 1.290 quelli correlati al consumo di bevande alcoliche nel 2016 (in leggero aumento rispetto all’anno precedente), soprattutto a causa di malattie croniche e disturbi psicotici. Alle morti direttamente attribuibili, occorre però aggiungere la stima di circa 17mila decessi attribuibili a oltre 200 malattie causate dall’eccessivo consumo di alcolici: tumori, cirrosi epatica, problematiche cardiovascolari e incidenti stradali le più frequenti.

ALCOLISTI PAZIENTI DIMENTICATI

Oltre ai numeri, però, a preoccupare è anche la scarsa assistenza sanitaria che viene riservata ai pazienti alle prese con una dipendenza da alcol. I servizi presenti sul territorio riescono a soddisfare poco più del 10 per cento di quella che dovrebbe essere la richiesta. Questo lo si evince incrociando i dati relativi ai pazienti in cura per una dipendenza: poco più di 65mila nel 2018 (di cui quasi 18mila persone al primo accesso), perlopiù tra i 40 e i 60 anni. Ma considerando la stima di circa 600mila connazionali che manifestano condizioni compatibili con l’eccesso consumo di bevande alcoliche, si deduce che «la dipendenza da alcol è una tra le più rilevanti disuguaglianze di salute e una tra le più neglette condizioni tra tutte quelle afferenti alla salute mentale», aggiunge Scafato (scopri quali farmaci si usano per curare l'alcolismo). 


Ubriacature più frequenti tra i ragazzi durante la quarantena

CONSUMI IN AUMENTO DURANTE LA PANDEMIA

Fin qui i dati relativi al 2018. Ma guardando oltre - e nello specifico all’anno in corso - c’è poco da essere ottimisti. Sono infatti già diversi gli studi che hanno documentato un aumento dei consumi di alcolici durante la pandemia. Dati che preoccupano, a cui aggiungere quelli raccolti all’inizio del secolo in occasione dell’epidemia di Sars, in occasione di catastrofi naturali e degli attentati dell’11 settembre: dopo i quali si è sempre registrata una maggiore tendenza al bere come conseguenza dell’isolamento sociale e del disagio psicologico che spesso accompagna eventi così tragici. Motivo per cui, conclude Scafato, «è necessario pensare subito alle azioni con cui arginare l’ondata di disordini da alcol attesa per i prossimi mesi e anni».  

 

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Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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