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Oncologia
Fabio Di Todaro
pubblicato il 22-12-2020

Le terapie oncologiche sono sicure anche ai tempi di Covid-19



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Uno studio italiano evidenzia che Sars-CoV-2 ha colpito meno dell'1 per cento dei malati di cancro. Dagli esperti l'invito a non rimandare le terapie

Le terapie oncologiche sono sicure anche ai tempi di Covid-19

Sul totale dei malati di tumore che nel corso della prima ondata di Covid- 19 hanno frequentato gli ospedali per sottoporsi alle cure oncologiche, meno di 1 paziente su 100 è stato contagiato da Sars-CoV-2. A quasi un anno dal primo caso di infezione riscontrato nel nostro Paese, giunge una notizia rassicurante per chi è chiamato a sottoporsi alle terapie anticancro. Il rischio infettivo a cui queste persone sono state esposte negli ospedali è risultato superiore a quello corso dalla popolazione generale, ma comunque basso. «E soprattutto non sufficiente per pensare di rimandare le cure», spiega Carlo Aschele, a capo del reparto di oncologia medica dell’ospedale Sant’Andrea di La Spezia.


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INFETTO MENO LO 0.68 PER CENTO DEI MALATI DI CANCRO (IN TERAPIA)

Il dato emerge da una breve comunicazione redatta da sette specialisti italiani e pubblicata sulla rivista Jama Oncology. Il documento - anticipato rispetto alla pubblicazione estesa - riassume le conclusioni di un’indagine retrospettiva condotta in 118 reparti di oncologia medica sparsi lungo lo Stivale. Obbiettivo della ricerca - sostenuta dal Collegio Italiano dei Primari Oncologi Ospedalieri (Cipomo) - era valutare quanti dei quasi 60mila pazienti curati in regime di day-hospital in queste strutture tra il 15 gennaio e il 4 maggio scorsi fosse entrato in contatto con il coronavirus. Il dato ottenuto è stato confortante. Appena 406 persone (lo 0.68 per cento del totale) si sono trovate a fronteggiare al contempo le cure oncologiche e quelle per Covid-19. Una quota inferiore a quella rilevata negli studi cinesi, condotti tra febbraio e marzo. In oltre 8 casi su 10, i pazienti hanno sviluppato i sintomi della malattia da coronavirus. E, nella maggior parte di queste situazioni, si è reso necessario il ricovero. «I dati che abbiamo raccolto evidenziano un impatto dell’infezione da Sars-CoV-2 superiore del 40 per cento nei pazienti oncologici rispetto alla popolazione generale - prosegue Aschele -. Ma considerando l’urgenza delle terapie, sia nella prima linea di trattamento sia nei pazienti alle prese con un tumore metastatico, possiamo dire che i benefici determinati dalle cure oncologiche sono stati superiori al rischio infettivo».

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PIÙ CONTAGI NELLE REGIONI DEL NORD

Osservando la distribuzione dei contagi avvenuti tra i pazienti oncologici lungo lo Stivale nel corso della prima ondata, si osserva un gradiente simile a quello fatto registrare da Covid-19. Rispetto al dato medio, nelle Regioni del Nord è stato registrato un tasso di infezione dello 0.96 per cento. Molto più bassi, invece, i numeri nelle aree centrali (0.32 per cento) e meridionali (0.13 per cento) del Paese. I pazienti più spesso contagiati sono risultati quelli affetti dalle malattie che ricorrono con maggiore frequenza: il tumore al polmone, il tumore al seno, quelli del colon-retto e della prostata. Una correlazione che, al momento, può essere spiegata soltanto con i numeri più alti di queste forme di cancro. Quanto ai trattamenti ricevuti, oltre 6 di loro su 10 è stato costretto a recarsi in ospedale per sottoporsi alla chemioterapia


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OSPEDALI SICURI ANCHE DURANTE LA PANDEMIA

Sul piano biologico, nonostante si parli di pazienti immunodepressi, è al momento da escludere che la probabilità di infettarsi risulti aumentata a causa del tumore. Due le ipotesi tracciate nel lavoro: l’età media più alta dei pazienti oncologici (68 anni, quella dei pazienti coinvolti nello studio) e il rischio a cui sono stati esposti accedendo a più riprese negli ospedali. Non soltanto per le terapie, ma anche per gli esami diagnostici e di follow-up della malattia. In linea generale, sulla base di questi dati, «oggi possiamo però dire che i reparti di oncologia e soprattutto i day-hospital oncologici sono stati messi subito in sicurezza», rimarca Aschele. Sebbene  le statistiche pubblicate facciano riferimento alla prima ondata, secondo gli esperti è ragionevole pensare che la situazione sia migliorata con il passare dei mesi. Oggi, infatti, tutte le strutture hanno adottato procedure di screening (con tampone molecolare o antigenico) dei pazienti chiamati a entrare negli ospedali per sottoporsi alle cure oncologiche. 

COVID-19: MORTALITÀ PIÙ ELEVATA TRA I MALATI DI CANCRO

Per averne conferma, però, gli oncologi stanno elaborando i dati raccolti da ottobre in poi, in vista di un'altra pubblicazione. Il loro lavoro punta a chiarire anche quanti decessi Covid-19 abbia determinato tra i malati di tumore. Al momento, gli studi parlano di una quota compresa tra il 25 e il 40 per cento. Tradotto: almeno 1 paziente oncologico su 3 ha perso la vita, dopo essersi contagiato. Numeri che confermano «come ci si trovi di fronte a persone più fragili, in caso di contagio», conclude Aschele. Ragion per cui, «i pazienti oncologici vanno ulteriormente protetti, in questa fase. Ma a loro possiamo dare anche una buona notizia: la pandemia non è sufficiente a indicare il rinvio di trattamenti in grado di salvare la vita».


 

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Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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