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Pediatria
Serena Zoli
pubblicato il 10-11-2021

L'alcolismo dei genitori, gli effetti sui figli



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L’alcolismo colpisce duramente non solo chi beve ma anche i familiari. In Italia gli alcolisti sono ancora malati invisibili. Stimati 700.000 consumatori dannosi

L'alcolismo dei genitori, gli effetti sui figli

I figli di genitori che hanno problemi di alcolismo sono esposti a disturbi e malattie con un rischio ben superiore rispetto a coetanei senza dipendenze da alcol in famiglia. Questo è il resoconto di una ricerca partita da Copenhagen per iniziativa della professoressa Charlotte Holst dell’Università della Danimarca meridionale analizzando i dati di 14.000 persone nate nel paese tra 1962 e 2003 da genitori – uno o ambedue – alcolisti. Come gruppo di controllo si è fatto il confronto con quasi 140.000 figli di genitori sobri. Tutti gli individui sono stati seguiti dai 15 anni in avanti, fino al 2018.

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AUMENTA IL RISCHIO DI AMMALARSI NELLA VITA

Per sapere delle malattie somatiche e dei ricorsi al pronto soccorso gli studiosi hanno consultato il Registro nazionale danese dei pazienti. Per conoscere i decessi in qualche modo legati all’alcol si sono rivolti al Registro danese sulle cause di morte. Si spiega, così, la possibilità di accesso a un vasto numero di dati personali. Di ogni persona hanno esaminato le notizie riguardanti il rapporto con l’alcol, le eventuali malattie del sangue, cancro, disturbi circolatori, digestivi, endocrini e metabolici, genito-urinari, infettivi, muscoloscheletrici, nervosi, respiratori, patologie della pelle. Ed ecco i dati del confronto con i figli di genitori sobri: i nati da uno o due etilisti, hanno presentato quasi tre volte il tasso di malattie legate all’alcol, il 30 per cento in più di problemi infettivi, il 28 per cento in più di malattie del sangue, il 26 per cento in più di disturbi respiratori e il 21 per cento in più di fastidi digestivi.

LA RADICE DEL DOLORE NELLE ESPERIENZE TRAUMATICHE

Inoltre fra i figli incolpevoli di genitori alcolisti si è misurato il doppio di probabilità di morire per qualsiasi causa e più di tre volte il tasso di morire per un motivo in qualche modo legato all’alcol. I ricercatori danesi tentano una spiegazione: «I ragazzi che crescono in un ambiente dove si abusa dell’alcol è più probabile che vivano brutte esperienze infantili rispetto ai compagni con genitori non etilisti, esperienze del genere abusi fisici o sessuali o separazioni traumatiche. Oltretutto nelle case dove regna l’alcol i genitori possono disporre di meno risorse, anche affettive», situazione talvolta aggravata anche dalla presenza di disturbi mentali.

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PIÙ DIFFUSE LE CONDOTTE A RISCHIO

Si aggiunga, dicono gli studiosi danesi, che «le persone provenienti da esperienze difficili nell’infanzia sono portate a comportamenti ad alto rischio per dominare in qualche modo lo stress e per cavarsela nelle prove negative che man mano la vita porrà loro davanti». Sull’argomento, molto coinvolgente date le possibili e pesanti ricadute sui figli, abbiamo chiesto l’intervento del Direttore dell'Osservatorio nazionale alcol dell'Istituto Superiore di Sanità, professor Emanuele Scafato. «Il ruolo della famiglia è da sempre stato indicato come particolarmente rilevante nel comportamento del bere dei singoli membri del nucleo familiare» esordisce il professor Scafato. «In Italia, le evidenze proposte dall’Osservatorio nazionale alcol dell’Istituto Superiore di Sanità hanno dimostrato già oltre venti anni fa (e di recente confermato) come l’abitudine al bere dei genitori, del capofamiglia in particolare, influenzi fortemente il modello di consumo alcolico degli altri familiari».

DUE VOLTE VITTIME

«Questo fatto è particolarmente preoccupante quando il fenomeno riguardi entrambi i genitori oppure se concerne la donna che non solo rappresenta un modello influente per i figli, ma, peggio: potrebbe anche far subire loro gli effetti dell'intossicazione etilica, dell'alcol dipendenza, di problemi sociali anche più rilevanti di quelli sanitari. Può succedere, in queste situazioni, spesso tragiche, di dover riscontrare che l'alcol è causa e contemporaneamente effetto delle esperienze negative di persone fragili, vulnerabili, assoggettate alla violenza di un genitore alcoldipendente e alla propria schiavitù del ricorso all'alcol come via di fuga dallo stress e dagli eventi avversi della vita che connotano il futuro di queste persone».

LE CONSEGUENZE? MALATTIE E INCIDENTI

Continua Emanuele Scafato: «Intanto la salute, quasi sempre più precaria, è precocemente pregiudicata negli organi più sensibili all'uso dannoso di alcol come il fegato e la mammella, cui vanno aggiunti i rischi di incidenti stradali, prima causa di morte prematura o invalidità permanente tra i giovani in Italia».

NUMERI IN AUMENTO

«In tutto questo non è mai da dimenticare che sono il contesto e le pressioni sociali a sostenere il bere, con la disinformazione e l'ambiguità dei modelli del "bere responsabile" che lasciano ritenere che ci siano livelli sicuri di consumo. In realtà aumenta di anno in anno la platea dei consumatori a rischio. Per tutte queste persone manca la prevenzione e l'intercettazione precoce del rischio che l'Osservatorio nazionale alcol da anni si impegna a proporre attraverso la formazione dei professionisti della salute, purtroppo non ancora resa obbligatoria».

ALCOLISTI PAZIENTI INVISIBILI

L’esperto sottolinea l’importanza della prevenzione e della preparazione degli operatori sanitari, specie nell’epoca che stiamo vivendo con la pandemia e le sue conseguenze: «Sarebbe un approccio sempre più importante in era post-Covid e consentirebbe di identificare e riferire alle strutture dedicate i circa 700.000 “consumatori dannosi” stimati dall'Istituto Superiore di Sanità che sono già in necessità di una qualunque forma di trattamento, mentre oggi risulta minore del 10 per cento la quota di pazienti in carico nelle strutture del sistema sanitario nazionale».

MANCANO SERVIZI E FORMAZIONE

Conclude Scafato: «Prevenire l'evoluzione verso altre complicanze nell'organismo e impedire che nuovi casi vadano ad allargare la platea dei consumatori a rischio (in Italia oltre 8,6 milioni) è la sfida che potrà essere vinta solamente se si provvederà con sollecitudine alla riorganizzazione dei servizi per le dipendenze, a finanziarne la dotazione di mezzi e personale e a introdurre l'obbligatorietà della formazione alcologica sin dall'università come previsto, ma non realizzato, dalla legge 125/2001».

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Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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