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Redazione
pubblicato il 05-03-2012

Quando il gioco si fa duro



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Tenta la fortuna! La pubblicità non dà requie e anche la crisi spinge. Sempre più casi patologici. Coinvolte le Asl. Accuse allo Stato “biscazziere”. Interviene il ministro Riccardi: basta spot o solo pochi. A Sanremo un modulo per chiedere al Casinò: fermatemi!

Quando il gioco si fa duro

Tenta la fortuna! La pubblicità non dà requie e anche la crisi spinge. Sempre più casi patologici. Coinvolte le Asl. Accuse allo Stato “biscazziere”. Interviene il ministro Riccardi: basta spot o solo pochi. A Sanremo un modulo per chiedere al Casinò: fermatemi!

Dicono, con ipocrisia, alla fine o scrivono piccolo in basso: «gioca il giusto», «gioca responsabile», «gioca senza esagerare». Ma, intanto, gioca! Gioca al Superenalotto, al Gratta e vinci, al lotto, al videopoker nei bar, al casinò o al poker cash on line … Contro la crisi, gioca: te lo chiedono come una promessa di felicità mille paginoni di giornali rutilanti di colori e mille e uno spot di fibrillante allegria. Giocare è giusto, è il messaggio che passa. C’è addirittura il gioco che ti assicura uno stipendio a vita, migliore “investimento” di così…  Il “giusto”, la “responsabilità”, la non “esagerazione” sono citati però chi te li spiega?

800.000 FUORI CONTROLLO- Tra crescenti grida di allarme e la denuncia che  ben 800 mila italiani hanno perso la misura, devono giocare (e spesso rovinarsi) compulsivamente, si è levata anche la voce del ministro del “sociale”, Andrea Riccardi, promettendo un serio intervento sugli spot: o il divieto di pubblicità come c’è per il fumo o una seria regolamentazione. I giocatori d’azzardo patologici, gap, come li chiamano gli specialisti e i giocatori diciamo “sani” hanno bruciato nel 2011 ben 75 miliardi di euro, molti più dei 61 conteggiati per il 2010. Ad alimentare la speranza di vincite risolutive è anche la crisi. Anche questo aspetto ha sottolineato il ministro

CRESCONO LE DONNE- La regione più giocatrice d’Italia è la Lombardia: qui recenti statistiche dicono che in due anni le donne sono salite dal 13% al 30% dei giocatori, che i giovani avanzano in questo “vizio” inizialmente non tipico loro, che ben 1.400 persone sono in cura nelle Asl lombarde per dipendenza dal gioco. Per tentare di contrastare il fenomeno a livello di giovanissimi, il Pd ha presentato a Milano un progetto di legge regionale perché le macchinette da gioco nei bar e altri luoghi pubblici “leggano” la tessera sanitaria dell’utente, dunque l’età, e concedano il permesso di giocare solo ai maggiorenni. Come già succede per i distributori automatici di sigarette. L’Udc, al Parlamento nazionale, ha chiesto un rimedio  radicale: no all’installazione di macchine per il gioco d’azzardo nei luoghi pubblici.

«E’ EMERGENZA»- Con il commento-denuncia di Pierferdinando Casini: «Non possiamo accettare uno Stato biscazziere che propone dalla mattina alla sera giochi che rovinano migliaia di cittadini. È emergenza».

CASINO’ E MEDICI- Anche in un luogo deputato da sempre al gioco d’azzardo – uno dei 4 in Italia – , il Casinò di Sanremo, si prendono provvedimenti. Si è firmata una “santa alleanza” con l’Asl e con il Centro di recupero “L’Ancora”, sul gioco patologico. Gli ispettori stessi del Casinò da qualche tempo circolano all’interno cercando di distrarre con l’offerta di un caffè o un consiglio chi sembra preso in modo esagerato dal gioco. Addirittura,  dall’anno scorso, chi sa di non sapersi frenare può riempire un apposito modulo dove chiede al Casinò di fermarlo. Di bandirlo. «Succedeva che alcuni si pentissero immediatamente: stilavano di corsa una revoca», spiegano al Casinò. «Ora no, la regola è che il bando dalle nostre sale duri almeno tre mesi. La riammissione prevede anche il benestare del medico, ecco perché la collaborazione con la Asl». Il modulo “fermatemi!” può anche essere del genere “fermatelo!”. Richiesto e compilato da un familiare del gap. E solo quel familiare potrà poi chiederne la cancellazione.

70 AUTODENUNCE- In totale quante richieste del modulo? «Dall’anno scorso ad oggi 70». Non male, forse, come inizio. Il segno di una consapevolezza che prende piede. Ma c’è un giocatore tipo? «No, età, stato sociale, cultura, sesso variano moltissimo. Impossibile un identikit», spiega la psicoterapeuta Giada Melozzo di “L’Ancora”. E racconta che il Centro è stato “trascinato” a occuparsi di gioco patologico dal fatto di essere specializzato nella cura dei malati di alcool, di cocaina, di droghe varie. «Perché abbiamo visto che molti dipendenti da sostanze vanno verso il gioco compulsivo», dice la dottoressa Melozzo. «Molti gap hanno precedenti di abuso di stupefacenti o d’alcool oppure nella loro famiglia qualcuno soffre di tali dipendenze». La cura consiste in colloqui individuali e in gruppi terapeutici. Fa parte della terapia, per alcuni, anche il monitoraggio economico. Ci sono giocatori non più capaci di gestire i soldi, allora questa funzione viene affidata a un altro, in genere un parente. Tempo della riabilitazione? «Un anno, un anno e mezzo. Finora non ci è capitato di dover mandare qualcuno nelle strutture residenziali, come si usa dire, in comunità».

Serena Zoli


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