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Neuroscienze
Serena Zoli
pubblicato il 10-06-2016

Dalla depressione alla mania: sono gli «stati misti»



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La condizione psichiatrica è diffusa, ma ancora poco conosciuta. Richiede una cura specifica: guai a partire con gli antidepressivi

Dalla depressione alla mania: sono gli «stati misti»

Stati misti. Una forma si può quasi dire di disturbo bipolare che si sente poco nominare e che spesso anche i medici non (ri)conoscono. Addirittura, che l’ultima edizione della «Bibbia degli psichiatri», il Dsm V, spinge a sotto-diagnosticare. Lo affermano gli autori di una ricerca della Stanford University, in California, che hanno sottoposto ad esame con una griglia di sintomi molto fine 907 persone con disturbo bipolare. Le visite sono state più di 14 mila tra 1995 e 2002. Il risultato finale, pubblicato sulla rivista American Journal of Psychiatry in Advance, è stato il riscontro di «stati misti» o «depressione mista», nel 15 per cento delle visite e in 584 pazienti, quasi il 65 per cento del totale. Dunque, più «stati misti» che veri disturbi bipolari. Infine, questa misconosciuta condizione è stata rilevata più frequentemente nelle donne (40 per cento) che negli uomini (34 per cento), almeno come leggera eccitazione sotto soglia (ipomania) coesistente con uno stato depressivo.

 

GIOIOSI MA FRENATI

Che cosa sono questi «stati misti»? Lo spiega il professore Paolo Girardi, ordinario di psichiatria all’Università Sapienza di Roma: «Si chiama così la compresenza di sintomi di depressione e di sintomi di mania. A volte, anche il loro rapido avvicendarsi nella stessa giornata. Ci sono depressioni profonde col pensiero accelerato: fuga di idee, di propositi, tipici dell’eccitazione della mania, ma l’umore resta cupo. Oppure la persona può essere ansiosa, irrequieta, non sa dove fermarsi, tuttavia il suo stato d’animo è negativo. Al contrario, infine, ci può essere una forma di mania con gioiosità, umore molto alto, ma il pensiero è fermo e la persona non fa nulla, rimane immobile». Già nella prima metà dell’Ottocento un clinico francese, Joseph Guislain, affermò: «Ho visto a volte la mania fondersi con la malinconia». Ed Emil Kraepelin poco dopo ne distinse ben sei tipi.

 

CRITERI INADEGUATI

Invece il professor Girardi si associa alle critiche dei ricercatori di Stanford riguardo il Manuale Diagnostico Statistico: «L’edizione IV aveva delle maglie troppo larghe per rilevare questo disturbo, con l’edizione V del maggio 2013 è evidente che si è tentato di rimediare, ma non sono soddisfacenti neppure i criteri attuali». Non riconoscere uno stato misto confondendolo con semplice depressione può avere conseguenze gravi: «Prescrivendo un antidepressivo che è fatto per innalzare l’umore, posso scatenare di più lo stato di eccitazione provocando una esplosione maniacale». E invece? «Se c’è una depressione mista occorre sempre agire come se si fosse di fronte a un disturbo bipolare: prima cosa, curare lo stato eccitativo. Vanno dunque prescritti stabilizzatori dell’umore come carbamazepina, litio, valproato».

 

GRANDE CAUTELA

Ci vuole molta cautela nell’affrontare questa malattia confusa. «E’ molto poco vivibile, lo “stato misto”, dà grande sofferenza», aggiunge il professor Paolo Girardi. «Purtroppo spesso non è riconosciuto, anche se le cose sono migliorate rispetto a dieci anni fa. Si vede l’umore giù e si diagnostica: depressione. Invece gli stati misti sono prevalenti rispetto ai quadri semplici di depressione. E, come detto, vanno curati in modo diverso».

Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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