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Pediatria
Fabio Di Todaro
pubblicato il 03-07-2020

Coliche nel neonato: qual è il ruolo della dieta della mamma?



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Tanti falsi miti accompagnano la presenza delle coliche dei neonati allattati al seno. Ma, in realtà, non serve che la mamma escluda alcun alimento dalla dieta

Coliche nel neonato: qual è il ruolo della dieta della mamma?

Le coliche infantili (anche dette coliche gassose) rappresentano uno dei più frequenti disturbi nei primi tre mesi di vita. A caratterizzarle è un pianto intenso e inconsolabile, apparentemente privo di una ragione: non c’è (spesso) una malattia a giustificarle né tanto meno è (sempre) «colpa» della fame. Al momento non è ancora chiaro cosa le scateni, ma tra i falsi miti più duri da scalfire c’è quello che vede la dieta della mamma in grado di condizionare (o meno) la comparsa delle coliche. Cosa c’è di vero, a riguardo? Le evidenze scientifiche sono poco solide per poter raccomandare alcune variazioni nelle scelte alimentari della puerpera. L’indicazione, anche nel corso dei primi mesi di allattamento al seno, rimane pertanto quella di seguire una dieta varia ed equilibrata, che non contempi esclusioni «categoriche».


Così dal pianto del neonato si capisce se ha le coliche


COLICHE GASSOSE: DI COSA SI TRATTA?

Le coliche generalmente compaiono già nelle prime settimane di vita e nel 90 per cento dei casi si risolvono spontaneamente entro i tre mesi di vita del neonato. Per riconoscerle, si utilizzano i i criteri di Wessel, nello specifico la «regola del 3». Si può parlare di colica quando un neonato piange più di tre ore al giorno, più di tre giorni alla settimana, per oltre tre settimane. Il pianto che accompagna la colica si riferisce a un dolore addominale acuto e improvviso, prevalentemente serale: accompagnato da agitazione, arrossamento del volto, tensione addominaleflessione degli arti inferiori sull’addome e meteorismo. Come noto, le coliche infantili costituiscono uno dei disturbi più comuni nei primi mesi di vita, con una prevalenza variabile dal 3 al 40 per cento. E rappresentano un motivo di allarme e preoccupazione per molti genitori che, di fronte al pianto inconsolabile di un bambino, non sanno come comportarsi. Anche perché, benché la ricerca sia attiva, le cause del disturbo sono ancora sconosciute. Tante ipotesi e poche certezze. La più ovvia è che le coliche siano dovute all’eccesso di gas prodotti dai batteri intestinali o ingeriti fino all’ultima parte dell’apparato digerente. I riscontri scientifici, però, sono deboli per trasformare questa congettura in una certezza. Da qui il proliferare di altre ipotesi, che vanno dalla presenza di disturbi della motilità intestinale a un particolare assetto del microbiota. Fino alla possibilità che il neonato abbia un’allergia alle proteine del latte. Soprattutto le ultime due supposizioni, spesso portano la mamma a sentirsi in «colpa». Può la sua dieta incidere sulla comparsa delle coliche nel neonato? 

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LA DIETA DELLA MAMMA E LE COLICHE DEL NEONATO

Risposta negativa, per il momento. «La scienza dà pochi riscontri a riguardo», conferma Francesco Savino, responsabile dell’unità subintensiva allargata della prima infanzia dell'ospedale Regina Margherita di Torino, tra gli autori di una revisione Cochrane che ha fatto chiarezza sul tema. «Sebbene queste siano tra le domande più frequenti che riceviamo dai genitori alle prese con le coliche dei neonati, le evidenze attuali non suggeriscono alcuna modificazione della dieta della mamma durante l'allattamento al seno». I dati disponibili derivano da studi piccoli, con diverse limitazioni e risultati non sempre concordanti. «Una donna che allatta può mangiare tutto, con moderazione. Non è necessario che escluda alcun alimento in maniera preventiva. Una dieta di esclusione, in accordo con il pediatra, può al massimo essere intrapresa nel momento in cui si manifestano sintomi riconducibili alle coliche. In questo modo, dopo un paio di settimane, si può valutare l'eventuale beneficio determinato dalla rinuncia ad alcuni alimenti». Che - è bene ribadirlo - lo si può osservare soltanto se alla mamma viene suggerito di eliminare alimenti fino a quel momento consumati con dosi e frequenze eccessive.


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LATTE, FORMAGGI E LEGUMI: SI O NO?

Tra le categorie di alimenti che più spesso risultano temuti dalle donne, ci sono soprattutto il latte, i formaggi e i legumi. I prodotti di origine animale possono essere causa delle coliche soltanto nel caso in cui il mal di pancia del neonato derivi da un'allergia alle proteine del latte. In questa situazione, riconducibile all'incirca a 1 caso su 4 di colica del neonato, il passaggio di proteine alimentari intatte attraverso il latte materno (in particolare della b-lattoglobulina) può innescare il malessere. L'esclusione di latte e formaggi può rappresentare la soluzione per quelle donne allergiche o che annoverano casi di questo tipo all'interno della propria famiglia. La rinuncia deve riguardare il latte, i latticini, lo yogurt e i formaggi stagionati. L'unica eccezione può riguardare il parmigiano, al cui interno le proteine risultano già digerite. Nel caso in cui le coliche siano frequenti e intense, un'altra indicazione rimanda alla rinuncia ad altri alimenti che spesso causano allergia: è il caso della soia, delle uova, della farina, delle nocciole, dei pinoli e del pesce. Cautela viene raccomandata anche nei consumi di cioccolato (in tutte le forme). Quanto ai legumi, «non è vero che la donna deve rinunciarci per tutti i mesi in cui allatta al seno - chiarisce Savino -. Alimenti quali fagioli, piselli, ceci, lenticchie, fave rappresentano una fonte di vitamine e proteine vegetali, di cui c'è bisogno sempre: e a maggior ragione quando si allatta un neonato». 


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LA SCELTA DEL LATTE FA LA DIFFERENZA? 

Il documento pubblicato nel 2018 sulla Cochrane Library evidenzia che l'incidenza delle coliche gassose non varia tra i bambini allattati al seno e quelli nutriti con il latte artificiale. Motivo per cui, se si ha un figlio che ne soffre e che riceve il nutrimento dalla mamma, non è il caso di correre in farmacia per modificare la dieta del neonato. Né, in caso di ricorso alla formula, è indicata la ricerca di prodotti diversi da quelli fino a quel momento assunti. Per la stessa ragione, non è il caso di virare sulle bevande di origine vegetale. Nessuna maggiore utilità deriverebbe dal ricorso agli idrolisati spinti (di origine animale e vegetale), utilizzati (su indicazione medica) nei bambini allergici alle proteine del latte. Né ai latti in formula a basso (o nullo) contenuto di lattosio. «Non ci sono dati che evidenzino un effetto peggiorativo delle coliche determinato dall'allattamento al seno - aggiunge Savino -. Motivo per cui le mamme che nutrono il proprio bambino devono essere incoraggiate a farlo per non perdere una corretta abitudine, immaginando di poter così risolvere il malessere del neonato». Tutt'al più, può essere indicata una correzione della dieta materna (per rispettare gli apporti di calcio, vitamina D e ferro), la cui efficacia dovrà essere valutata a posteriori (sulla base della persistenza delle coliche). 

COME SI CURANO LE COLICHE GASSOSE?

Non esiste, al momento, una terapia in grado di risolvere i sintomi della colica gassosa in un neonato. Le manifestazioni tendono a regredire e a scomparire una volta raggiunta i tre mesi (se persistono, è il caso di interpellare il pediatra per valutare la presenza di altre problematiche). Come comportarsi, nel frattempo? Nessuno dei farmaci utilizzati (a partire dal simeticone) si è finora dimostrato efficace negli studi finora condotti. Ragion per cui «l’utilizzo della terapia farmacologica deve essere limitato e riservato a casi individuati dal pediatra come necessari e per brevi periodi», aggiunge lo specialista. Possono invece avere un’utilità - senza conseguenze per il neonato - alcuni rimedi non farmacologici (cantare una ninna nanna, utilizzare un succhiotto, accertarsi che il neonato non abbia fame, tenerlo in braccio e dondolarlo).


È vero che gli alimenti probiotici fanno bene all'intestino?


PROBIOTICI E FITOTERAPIA

Tra questi, può tornare utile la supplementazione con alcuni probiotici (a base di Lactobacillus reuteri) e l’utilizzo di alcuni fitoterapici a base di finocchio, camomilla e melissa. Savino ricorda però che «è importante evitare il fai-da-te: per la difficoltà nello standardizzare il dosaggio delle varie componenti e per l’interferenza che questi prodotti potrebbero avere con la normale nutrizione del lattante».

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Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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