È la dieta «pescetariana» lo scudo contro le malattie cardiovascolari
Due infarti su tre evitabili consumando soprattutto alimenti di origine vegetale e preferendo le proteine del pesce a quelle della carne
Una buona qualità della dieta, prima di tutto. A seguire, la gestione dei valori della pressione sanguigna e del colesterolo nel sangue: se troppo alti, considerati un fattore di rischio per la salute cardiovascolare. Ciò che mangiamo può difendere - o meno - il nostro cuore. Questa, in assoluto, non è una novità. Balza agli occhi però notare che l’intervento sulle scelte che compiamo a tavola è il più efficace, per prevenire l’insorgenza delle malattie ischemiche (angina pectoris einfarto del miocardio), prima causa di decesso legato a problematiche cardiovascolari. Merito con ogni probabilità dell’efficacia «trasversale» della dieta, che concorre a porci al riparo (o no) dalla comparsa di una serie di fattori predisponenti all’insorgenza dei problemi cardiaci di natura ischemica.
Nonostante la crescita dei numeri legati ai tumori e la recrudescenza (soprattutto in alcune aree del Pianeta) delle malattie infettive, le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte al mondo. Tra queste, in cima alla lista ci sono quelle di origine ischemica: determinate da uno squilibrio tra la richiesta e l’apporto di ossigeno al miocardio, il tessuto muscolare del cuore. Questo fabbisogno non soddisfatto provoca un’alterazione dell’attività elettrica e della capacità contrattile delle zone colpite. Da cui le due possibili manifestazioni cliniche della cardiopatia ischemica: l’angina pectoris (reversibile, non provoca un danno anatomico permanente) e l’infarto del miocardio, responsabili ogni anno di 70-80mila decessi nel nostro Paese. L’aterosclerosi è di gran lunga la causa più frequente di cardiopatia ischemica ed è determinata da fattori di rischio non modificabili (età, sesso, familiarità) e da altri su cui invece è possibile intervenire. A livello di prevenzione primaria, dunque, ognuno di noi ha la possibilità di ridurre le probabilità di andare incontro a uno degli eventi descritti. Già, ma come?
I CONSIGLI ALIMENTARI PER MANTENERE IL COLESTEROLO SOTTO CONTROLLO
IL RUOLO DELLA PREVENZIONE PRIMARIA
I fattori di rischio modificabili correggendo lo stile di vita o ricorrendo ai farmaci sono diversi: dall'ipertensioneall'iperglicemia, dal fumo di sigaretta alle dislipidemie. Fino alla sedentarietà e all'eccesso di peso. Quasi tutte queste condizioni sono legate da un filo rosso invisibile: la qualità della dieta. Ciò che mangiamo concorre a proteggerci - o meno - dalla comparsa degli altri fattori individuati. È con ogni probabilità per questo motivo che, migliorando la dieta, potrebbero essere evitati 2 morti su 3 di quelli provocati da una cardiopatia ischemica. Il dato emerge dall'analisi condotta da un gruppo di ricercatori cinesi, che è andato a fondo delle cause dei quasi nove milioni di decessi verificatisi per infarto nel mondo nel 2017. Il dato è risultato in crescita rispetto a quello analogo relativo al 1990, nonostante i tassi di morte siano andati progressivamente riducendosi. Una fotografia che, oltre a essere spiegabile con la crescita della popolazione e il progressivo invecchiamento, tiene evidentemente conto anche del peso ancora rilevante di diversi fattori di rischio prevenibili. Da qui il lavoro dei ricercatori, che hanno stimato il numero di morti evitabili eliminando quelli a maggiore impatto.
2 DECESSI SU 3 EVITABILI CORREGGENDO LA DIETA
Assumendo che tutti gli altri fattori di rischio rimangano invariati, si è arrivati a definire che «oltre il 69 per cento dei decessi potrebbe essere evitato se le persone adottassero una dieta più salutare», è quanto affermato dagli autori dello studio, pubblicato sull'European Heart Journal - Quality of Care & Clinical Outcomes. Minore invece l'impatto che potrebbe essere determinato dalla rimozione dell'ipertensione(-54.4 per cento), dell'ipercolesterolemia (-41.9 per cento), dell'iperglicemia (-25.5 per cento) e dell'abitudine al fumo (-20.6 per cento). Una dieta varia ed equilibrata è dunque quello che serve per prevenire l'insorgenza dell'angina e dell'infarto? In linea di massima sì, il perché non è però ancora chiaro. Di certo c'è però che scegliere cibi di buona qualità, e consumarli nelle giuste quantità, contribuisce anche a ridurre le probabilità di sviluppare quelli che, in questo studio, sono stati identificati come gli altri due fattori di rischio più onerosi.
Come comportarsi allora a tavola per (quantomeno) non danneggiare il proprio cuore? Secondo gli esperti, un filo conduttore esiste: un basso apporto di cereali integrali, di frutta e di verdura e un elevato consumo di sale rappresentano il punto di partenza a cui possono essere ricondotti un decesso su due e due casi su tre di disabilità «legati» all'alimentazione. La restante quota affonda le radici nell'eccessivo consumo di carni rosse e lavorate, di bevande zuccheratee di alimenti ricchi di acidi grassi trans. Idealmente, secondo Xinyao Liu, cardiologa della Central South University di Changsha (Cina), ogni giorno «dovremmo consumare 2-300 milligrammi di acidi grassi omega 3 tratti dal pesce, 2-300 grammi di frutta, 290-430 grammi di altri vegetali, 16-25 grammi di noci e 100-150 grammi di cereali integrali». Di fatto, una dieta mediterranea in chiave «pescetariana», in modo tale da «consumare quantità molto basse di alimenti di origine animale ed evitare qualsiasi forma di malnutrizione».
I dieci alimenti che contengono più sodio
Salsa di soia (sodio: 5,72/100 grammi prodotto) Si tatta di un condimento che nasce in cina, ma oggi risulta diffuso in tutta la cucina orientale (giapponese, filippina, coreana e indiana). La salsa è ottenuta mescolando soia, grano tostato, acqua e sale. Il suo uso sta iniziando a diffondersi molto anche in Italia. Il contenuto di sale e glutammato non ne rende consigliabile l'uso in diete povere di sodio. Al momento i nutrizionisti non quantificano l'utilizzo raccomandato. La Società Italiana di Nutrizione Umana (Sinu) consiglia di «limitare l’uso di condimenti alternativi contenenti sodio: come la salsa di soia, il dado da brodo, il ketchup e la senape»
Minestrone liofilizzato (sodio: 5,6/100 grammi prodotto) Si tratta di una soluzione sempre più diffusa in quanto di facile realizzazione. I prodotti liofilizzati vengono congelati, dopodiché disidratati per eliminare virus e batteri.
E la salute è più protetta. Ecco perché le confezioni devono essere ermetiche (controllate sempre con cura, al momento dell’acquisto), sterili e chiuse sottovuoto. Ma i prodotti liofilizzati hanno un contenuto di sale che spesso trascuriamo, perché non vediamo. Prodotti surgelati e liofilizzati risultano spesso addizionati in sale al fine di garantire una maggiore sapidità al palato del consumatore
Prosciutto crudo di Parma (sodio: 2,57/100 grammi prodotto) Non contiene conservanti. Ma in ragione del suo contenuto di sale, necessario al fine di evitare contaminazioni batteriche, il Prosciutto crudo di Parma va consumato con parsimonia. In cento grammi di prosciutto, c'è il quantitativo di sodio massimo che non dovrebbe essere superato ogni giorno, secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità
Salame Brianza (sodio: 1,8/100 grammi di prodotto) Si tratta di un prodotto che viene realizzato nell'omonima zona, a nord di Milano e a sud di Como. Il Salame Brianza viene prodotto con carni suine provenienti da allevamenti della Lombardia, dell'Emilia Romagna e del Piemonte
Caviale (sodio: 2,2/100 grammi di prodotto) Il caviale si ottiene attraverso il trattamento e salatura delle uova di diverse specie di storione. Anche in questo caso, però, negli anni si è riusciti a realizzare un prodotto con quantità di sale (e dunque di sodio) più contenute. Anzi: oggi il caviale di maggiore qualità è considerato proprio quello meno salato
Salmone affumicato (sodio: 1,88/100 grammi di prodotto) Il salmone affumicato è ormai da anni un alimento presente in molti pranzi e cene, anche in Italia. A premiarlo è la sua versatilità: si può usare dalle tartine alla pasta, per imbottire torte salate e preparare carpacci. La maggior parte del pesce che finisce sulle tavole italiane proviene da allevamenti, principalmente scandinavi
Pecorino Si tratta di un formaggio prodotto esclusivamente con latte di pecora. Si tratta di un prodotto di origine mediterranea, ma è prodotto e diffuso anche altrove. Il sale ha funzione di salatura, selezione della flora batterica e conservazione dell'umidità in superficie
Salame Felino (sodio: 1,69/100 grammi di prodotto) Viene prodotto in provincia di Parma, come testimonia anche il suo nome, legato al Comune di Felino. Come accade per tutti i salami, anche il Felino riceve un trattamento di salagione e speziatura. In questo caso cento grammi di prodotto consumati in un solo giorno permettono di assumere quasi il 60 per cento del quantitativo di sodio massimo indicato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità
Salame Napoli (sodio: 1,69/100 grammi di prodotto) A dispetto del nome, si tratta di una produzione diffusa in tutta la Campania. Cento grammi di prodotto garantiscono una quantità di sodio pari al 60 per cento di quello massimo indicato dalle istituzioni sanitarie. Ma per una visione più globale, e non limitata soltanto al sodio e alla prevenzione delle malattie cardiovascolari, è meglio guardare ai 50 grammi a settimana di cui parla l'Organizzazione Mondiale della Sanità, per tenere sotto controllo anche il potenziale cancerogeno delle carni trasformate
Prosciutto crudo disossato, privo di grasso visibile (sodio: 2,4/100 grammi di prodotto) Il prosciutto crudo è in assoluto il salume col maggior contenuto di sale. E, di conseguenza, di sodio (pari al 40 per cento del quantitativo di sale). Negli anni i contenuti sono stati ridotti, ma l'aggiunta è inevitabile nel momento in cui occorre affrontare un lungo periodo di stagionatura