Dona ora
Cardiologia

Il pacemaker senza filo riduce le infezioni

Posizionato direttamente nel cuore con intervento mininvasivo permette anche un più rapido recupero dei pazienti. Ideato recentemente sarà disponibile in Italia a gennaio

E’ più piccolo di una moneta da un euro e assomiglia a una chiavetta usb: è questo il nuovo modello di pacemaker, ideato da una start-up americana per semplificare gli interventi di impiantistica e ridurre il rischio di infezioni nei pazienti.

Dopo i primi interventi che ne hanno testato sicurezza ed efficacia terapeutica, lo scorso ottobre l’invenzione è stata immessa sul mercato europeo. Aritmici e cardiopatici non dovranno aspettare molto e nei prossimi mesi il pacemaker wireless sarà disponibile nei primi 14 centri specialistici selezionati in Europa, e anche in Italia.

TECNOLOGIA SENZA FILI

I pacemaker oggi impiantati sono costituiti da una batteria, posizionata vicino alla clavicola sotto la cute o nel pettorale, e un filo intravenoso che la mette in comunicazione con il cuore. Seppure i rischi dell’intervento siano stati limitati nell’ultimo decennio, convivere con un corpo estraneo può comportare delle complicanze. «L’inserimento di uno o due elettrocateteri ha delle potenziali complicanze – spiega Claudio Tondo, responsabile dell’Aritmologia del Centro Cardiologico Monzino di Milano, il primo centro che darà il via agli impianti nel nostro Paese, dal prossimo gennaio - Abbiamo un buon numero di pazienti che arrivano per infezione della tasca chirurgica oppure dobbiamo estrarre i cateteri danneggiati impiantati anni prima. In questo caso il rischio operatorio è importante».

Con la tecnologia wireless si punta a minimizzare queste eventualità: il circuito per regolare il battito cardiaco è infatti introdotto tramite la vena femorale, con un piccolo taglio, e posizionato direttamente nel ventricolo senza bisogno di fili aggiuntivi.

I PRIMI IMPIANTI

A testare il nuovo dispositivo è stata un’equipe ceco-statunitense nello studio pilota presentato allo scorso congresso internazionale della Hearth Rhythm Society.

I primi impianti si sono dimostrati sicuri nel 97% dei casi e, soprattutto, veloci: solo 28 i minuti necessari per avvitare il pacemaker nella camera ventricolare, quasi la metà rispetto all’intervento con gli attuali pacemaker.

La mininvasività dell’intervento accelera, quindi, anche i tempi di recupero post-operatorio. Spariscono le cicatrici, a vantaggio dell’estetica soprattutto nei pazienti giovani, e si potenzia la batteria: oggi dura in media 5-7 anni, con il modello wireless si potranno raggiungere i 9-17 anni.

NON PER TUTTI

Nonostante una rivoluzione nella cardiostimolazione sia già all’orizzonte, il pacemaker senza fili è ancora lontano dal curare tutti i tipi di alterazioni del ritmo cardiaco. Lo conferma lo specialista: «E’ indicato per coloro che hanno necessità di una stimolazione solo nella camera ventricolare, ad esempio alcune aritmie negli anziani come la fibrillazione atriale a bassa frequenza. Selezioneremo solo questi casi: sono i meno gravi ma rappresentano quasi un terzo dei 30 mila interventi di inserimento o sostituzione di pacemaker che si svolgono ogni anno in Italia.

In futuro l’evoluzione di questo dispositivo consentirà di avere una stimolazione bicamerale e si potrebbe arrivare anche al defibrillatore, più elaborato rispetto al pacemaker».

Fai una donazione regolare

Sostieni la ricerca, sostieni la vita

Frequenza di donazione
Importo della donazione