Tumore del polmone EGFR positivo: anche in Italia la cura è su misura
Approvata da AIFA la terapia a bersaglio molecolare per i pazienti con tumore al polmone EGFR mutato. Un'arma in più in prima linea a disposizione degli oncologi per affrontare la malattia
Via libera a osimertinib per il tumore del polmone EGFR positivo. Da oggi in Italia questo farmaco a bersaglio molecolare potrà essere utilizzato in prima linea -ovvero come prima strategia di cura- in tutti quei pazienti che hanno la caratteristica di avere questa specifica mutazione. Una notizia importante se si considera che saranno oltre 2 mila le persone che potranno beneficiare di questo trattamento innovativo.
NON SEMPRE SI RICORRE ALL'IMMUNOTERAPIA
Nel trattamento del tumore al polmone l'immunoterapia ha giocato un ruolo fondamentale nel migliorare l'aspettativa di vita dei pazienti. Sino al 2010 nessun farmaco era in grado di riuscire ad incidere in maniera significativa sull'aspettativa di vita dei malati. Nei casi in cui il tumore era già in fase avanzata, solo il 5,5% dei pazienti trattati con chemioterapia era vivo a 5 anni dalla diagnosi. Oggi invece i primi dati a lungo termine, in particolare quelli relativi all'utilizzo in prima linea dell'immunoterapico pembrolizumab, ci dicono che un paziente su 3 è vivo a 5 anni dalla diagnosi. Non tutte le forme di tumore al polmone però necessitano dell'immunoterapia. E' questo il caso dei tumori al polmone non a piccole cellule (NSCLC) positivi alle mutazioni ALK, ROS1 ed EGFR.
COLPIRE LA MUTAZIONE PER ELIMINARE IL TUMORE
Se per i primi, quelli ALK positivi, in Italia c'è da tempo alectinib da utilizzare in prima linea, nei casi EGFR positivi la molecola che si è dimostrata efficace è osimertinib. Approvata solo in seconda linea, da oggi anche nel nostro Paese la molecola potrà essere utilizzata in prima battuta come strategia di cura nei casi di tumori al polmone localmente avanzato o metastatico. "Un importante traguardo per i pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule con mutazione di EGFR -spiega Silvia Novello, Ordinario di Oncologia Medica al Dipartimento di Oncologia dell’Università di Torino- che potranno dunque accedere a questo trattamento subito dopo la diagnosi con benefici in termini di sopravvivenza ma anche di sicurezza e tollerabilità, elementi importantissimi per la qualità di vita dei pazienti”.