Mauro Scalise, appassionato di atletica, ha deciso di abbinare alle gare una raccolta fondi per gli studi sui tumori pediatrici. «Fare del bene è più semplice di quanto si pensi»
Lo sport è il comune denominatore che tiene assieme il bene per sé e quello per gli altri. Mauro Scalise - 43 anni, da Lurate Caccivio (Como) e una passione senza limiti per l’atletica e le attività di montagna: come testimonia la foto accanto - ha trovato la soluzione per lasciare il segno. Le maratone e le ultramaratone le ha sempre organizzate, ma negli ultimi due anni ha deciso che la sua attività dovesse determinare un beneficio non soltanto per i corridori.
È nata così l’idea di avviare, in concomitanza con ogni gara, una raccolta fondi. Mentre la scelta di devolverli alla Fondazione Umberto Veronesi - nello specifico al progetto Gold for Kids, con cui si sostengono le ricerche e le cure mediche nell’ambito dell’oncologia pediatrica - è maturata «dopo aver visto in tv il professore Veronesi che parlava della necessità di dare continuamente benzina alla macchina della ricerca». Un contatto con la responsabile della delegazione di Como, Francesca Ruffini, è servito ad avvicinare le parti. Il passo successivo è stato pressoché scontato, per chi in dieci anni aveva perso la mamma e la zia per un mesotelioma pleurico e un amico di 48 anni per un tumore al fegato.
«Mi sono detto: non avrò la forza del maratoneta Stefano Baldini, ma nel mio piccolo posso fare qualcosa di utile anch’io». All’organizzazione di due gare di trail - quella di Zegama (Paesi Baschi) e il Tor de Géants (Valle d’Aosta), considerate dai corridori alla stregua della maratona di New York - Scalise ha fatto seguire altrettante raccolte fondi. La prima è stata utilizzata per sostenere l’apertura di un protocollo di cura sui sarcomi, mentre con il fundraising nell’anno in corso si contribuirà a sostenere l’apertura di un protocollo di cura per la leucemia linfoblastica acuta, il 75 per cento di tutti i casi di leucemia infantile.
«Non occorre essere ricchi per aiutare chi è più sfortunato - conclude Scalise -. Mi è bastato fare un giro in uno dei reparti di oncologia pediatrica per leggere un dolore incommensurabile sul volto dei bambini e dei loro genitori».