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Donatella Barus
pubblicato il 06-05-2021

Primi dati su una popolazione intera: vaccino Pfizer efficace al 95%



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Da Israele per la prima volta la misura reale di cosa accade in un paese con più del 70 per cento di copertura. I vaccini funzionano. Ora si tratta di farli avere a tutti

Primi dati su una popolazione intera: vaccino Pfizer efficace al 95%

Sui vaccini per il Covid-19 arrivano nuovi dati cosiddetti real world, ovvero dati che al di fuori delle prove di laboratorio mostrano cosa accade davvero in una popolazione che ha raggiunto una certa soglia di vaccinati. Parliamo dei cittadini israeliani, fra i quali si registra un crollo delle ospedalizzazioni e dei decessi per Covid, ora che oltre il 70 per cento della popolazione target ha ricevuto le due dosi di vaccino previste (BNT162b2 o Comirnaty, prodotto da Pfizer- BioNTech).

 

LO STUDIO

Lo sforzo di organizzare una campagna vaccinale nazionale – la più rapida condotta finora – funziona? Per rispondere a questa domanda, i ricercatori israeliani (del Ministero della salute e di Pfizer) hanno considerato i dati epidemiologici e clinici rilevati nel Paese fra il 24 gennaio e il 3 aprile 2021. Entro l’inizio di aprile, il 72,5 per cento dei cittadini israeliani con più di 16 anni aveva completato le due dosi di vaccino. Contando fra loro i casi di infezione da Sars-CoV-2 e di malattia, più o meno grave, indotta dal virus, è risultato che il Comirnaty ha un’efficacia complessiva del 95 per cento nel proteggere dall’infezione (con un’incidenza di 3,1 casi ogni 100.000 persone seguite per un giorno contro 91,5 ogni 100.000 fra le persone non vaccinate). Più nello specifico, le due dosi di vaccino hanno mostrato un’efficacia:

  • del 91,5 per cento contro le infezioni asintomatiche
  • del 97 per cento contro le infezioni sintomatiche
  • del 97,2 contro l’ospedalizzazione per Covid-19
  • del 97,2 per cento contro le ospedalizzazioni per condizioni severe o critiche
  • e del 96,7 per cento contro la possibilità di morire per Covid-19.

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Vaccini e vaccinazioni. Perché sì. Le risposte della scienza

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TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI

 

L'IMPATTO DELLA VACCINAZIONE SULLA SALUTE PUBBLICA

Il dato conferma le precedenti valutazioni di efficacia, questa volta in una popolazione ampia. Inoltre il vaccino funziona, anche sulla variante B.1.1.7, nota come “variante inglese”, ampiamente prevalente fra i campioni esaminati nel periodo in questione. «In tutte le fasce d’età a mano a mano che la copertura vaccinale aumentava, l’incidenza di SARS-CoV-2 diminuiva» hanno spiegato gli autori dello studio appena pubblicato sulla rivista The Lancet. «Siamo il paese con la più alta percentuale di cittadini vaccinati» ha spiegato Sharon Alroy-Preis, direttrice del dipartimento di salute pubblica presso il Ministero dalla salute israeliano. «Finora nessun altro paese al mondo ha potuto descrivere l’impatto sulla salute pubblica di una campagna di vaccinazione nazionale. Sono dati importanti perché, anche se sappiamo che ci sono ancora sfide considerevoli da superare, offrono una speranza reale che la vaccinazione ci metta in condizioni di controllare la pandemia».

 

I NODI DA SCIOGLIERE: VARIANTI E DURATA DELL'IMMUNITÀ

Quali sono le sfide che preoccupano ancora? Le varianti virali, che per ora sono ben coperte dai vaccini disponibili, ma con un bacino globale di contagi così ampio continueranno ad emergere e a porre nuove incognite. Poi la durata dell’immunità, per la quale al momento non ci sono certezze. L’indagine ha permesso di appurare alcuni aspetti importanti. Il primo è che il vaccino Pfizer-BioNTech funziona anche sugli anziani per i quali le percentuali di efficacia sono risultate sovrapponibili a quelle dei giovani. Secondo, che bisogna completare il ciclo con le due dosi. L’efficacia a 7-14 giorni dalla prima dose è buona (57,7 per cento contro l’infezione, 75,7 per cento contro il ricovero ospedaliero, 77 per cento contro i decessi per Covid-19), ma decisamente limitata rispetto a quella dopo la seconda. E, scrivono gli autori dello studio, potenzialmente rischiosa con le varianti che incombono.

 

LA GUERRA DI POSIZIONE: PAESI PREVIDENTI O EGOISTI?

Le incertezze sul futuro sono tante e in pochi sperano che il virus “scompaia” in tempi brevi. Motivo per cui in molte nazioni si preparano ad una “guerra di posizione” contro SARS-CoV-2, anche con piani di approvvigionamento di vaccini. Il Regno Unito, ad esempio, dove non si sono prese decisioni, ma si stanno facendo piani per un secondo richiamo (terza dose) del vaccino Pfizer in autunno, almeno per le persone vulnerabili. Il governo ha ordinato 30 milioni di dosi in più e questa mossa ha fatto sollevare più di qualche sopracciglio, compreso quello di Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che in un editoriale sul New York Times il 22 aprile ha scritto: «Ci troviamo di fronte alla concreta possibilità che i paesi più influenti somministrino richiami contro le varianti a persone già vaccinate, mentre molti altri saranno ancora lì ad accattonare vaccini in quantità sufficienti per i loro cittadini più a rischio. È inaccettabile». Il perché, lo spiega così: «La scarsità porta a disuguaglianze e mette a rischio la ripresa globale. Più a lungo questo coronavirus continua a circolare, più a lungo gli scambi e i viaggi resteranno fermi e più alte saranno le possibilità che possa emergere una variante che rende i vaccini meno efficaci. Perché è così che succede, con i virus». Il 5 maggio, il presidente USA Joe Biden ha dichiarato di appoggiare l'adozione di misure straordinarie per sospendere i brevetti vaccinali e aumentare così la produzione globale. Quest'ipotesi, già avanzata dalla Cina e da alcuni paesi in via di sviluppo, ripresa da India e Sudafrica, apre un capitolo tutto nuovo, non solo nella pandemia da SARS-CoV-2 ma nella storia delle politiche sanitarie globali.

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Donatella Barus
Donatella Barus

Giornalista professionista, dirige dal 2014 il Magazine della Fondazione Umberto Veronesi. E’ laureata in Scienze della Comunicazione, ha un Master in comunicazione. Dal 2003 al 2010 ha lavorato alla realizzazione e redazione di Sportello cancro (Corriere della Sera e Fondazione Veronesi). Ha scritto insieme a Roberto Boffi il manuale “Spegnila!” (BUR Rizzoli), dedicato a chi vuole smettere di fumare.


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