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Pediatria
Mario De Curtis *
pubblicato il 14-12-2020

Covid-19 ha ampliato le disuguaglianze anche nei bambini



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Gli effetti della pandemia sui piccoli riguardano soprattutto l'aspetto sociale. La priorità è riaprire le scuole. Ma serve un investimento eccezionale sull'infanzia

Covid-19 ha ampliato le disuguaglianze anche nei bambini

Linfezione da SARS-CoV-2, diffusasi in pochi mesi dalla Cina, si è diffusa in tutti i continenti e ha già determinato nel mondo, in meno di un anno, circa 1.5 milioni di morti (in gran parte nella popolazione anziana). Generalmente i bambini che contraggono l’infezione presentano sintomi lievi o sono completamente asintomatici e raramente hanno necessità di cure intensive rispetto a quanto avviene nell’adulto. Secondo gli ultimi dati dell’Istituto Superiore di Sanità, in Italia i bambini e ragazzi con infezione da SARS-CoV-2 sono stati 149.219, pari al 12,2 per cento del totale: 43.841 i casi diagnosticati nella fascia di età da 0- 9 anni e 105.378 quelli rilevati nella fascia 10-19 anni. Le manifestazioni cliniche più severe si sono avute tra i bambini più piccoli (meno di un anno). In Italia, tra 0 e 19 anni, si sono conteggiati otto decessi. Tutti riguardanti bambini e ragazzi affetti da gravi malattie preesistenti.


Così si può migliorare la dieta (a partire da chi è più povero) 

COVID-19: BAMBINI ISOLATI E MENO CURATI

Più che dall’effetto diretto della pandemia, i bambini sono però stati colpiti sul piano sociale. Le principali problematiche mediche legate alla salute infantile sono dovute infatti soprattutto alle conseguenze del confinamento e si sono manifestate soprattutto nelle famiglie più fragili e con basso livello socioeconomico. La paura di frequentare luoghi sanitari considerati a rischio di contagio, soprattutto nella prima ondata della pandemia, l’impatto improvviso e violento del virus su un sistema sanitario non preparato a questa emergenza e la conseguente necessità di dirottare il personale medico nei reparti Covid-19 sono all’origine dei danni indiretti arrecati dalla pandemia su tutto il sistema della prevenzione in età pediatrica. Si è infatti verificata una riduzione delle vaccinazioni (30 per cento) per la chiusura impropria di molti centri vaccinali e anche per la paura dei genitori di contrarre l’infezione recandosi in queste strutture. Si è avuta una riduzione delle attività Pronto soccorso (40-80 per cento) con conseguente ritardo diagnostico di diverse malattie, anche gravi. La Società di Endocrinologia Pediatrica ha messo in evidenza che il numero di pazienti con chetoacidosi gravi all’esordio del diabete di tipo 1 è passato dal 36 per cento (nel periodo pre-pandemico) al 44 per cento (durante il lockdown). L’Associazione Italiana Ematologia e Oncologia Pediatrica ha registrato una riduzione di un terzo delle diagnosi di tumore pediatrico. Si è verificata inoltre spesso la sospensione di molte terapie riabilitative e un rinvio di controlli di bambini con disabilità. Alcune recenti ricerche hanno inoltre messo in evidenza un aumento dei disturbi psichiatrici e del numero di bambini di sovrappeso e obesità, a causa della crescita di consumi di alimenti calorici e della diminuzione delle attività sportive.

 

PANDEMIA COVID-19: UN'EMERGENZA ANCHE SOCIALE

Dobbiamo però constatare che le principali conseguenze nefaste sui bambini e i ragazzi sono dovute al fatto che questa pandemia da coronavirus si è rapidamente trasformata da emergenza sanitaria ad emergenza sociale. Un aspetto che è emerso da quasi tutti gli interventi ascoltati nel corso dell'ultimo congresso della Società Italiana di Pediatria. In poche settimane l’isolamento a casa, necessario per contrastare la diffusione dell’infezione, ha determinato la perdita del lavoro per milioni di persone e la povertà, che interessa soprattutto le famiglie con figli, ha peggiorato la situazione sociale ed accentuato le disuguaglianze già drammaticamente evidenti nelle Regioni meridionali e nelle periferie delle grandi città. Nel 2019, la povertà assoluta in Italia, che interessava oltre un milione di minori ed era più frequente nelle famiglie numerose e nel Mezzogiorno, è aumentata di molto. E, secondo una recente indagine di Save The Children, potrebbe raddoppiare alla fine del 2020.

 
Nord e Sud: se la salute non è uguale per tutti

L'IMPORTANZA DELLA SCUOLA IN PRESENZA

I bambini poveri sono quelli che si ammalano più di frequente, presentano più spesso malattie croniche e disturbi dello sviluppo comportamentale con conseguenze che possono protrarsi anche nell’età adulta. Oltre a una povertà economica, si è dovuto constatare per un ampio numero di bambini e di ragazzi un aumento della povertà educativa che sta incrementando il livello di esclusione sociale. Molti di loro, non potendo andare a scuola, stanno perdendo un momento formativo fondamentale. Si comincia inoltre a osservare anche una caduta della stessa motivazione allo studio che difficilmente si potrà recuperare, se non intervenendo rapidamente. I bambini e i ragazzi di famiglie con un basso reddito, oltre a non avere spesso persone che possano aiutarli a seguire le lezioni trasmesse dagli insegnanti, sono stati penalizzati anche per la mancanza di accesso alla didattica digitale per l’assenza di strumenti informatici e di connessioni. La didattica a distanza con lezioni in diretta su varie piattaforme, anche se ha svolto un ruolo importante, ha messo in maggiore evidenza le disuguaglianze (sociali e culturali) che esistevano già prima della pandemia.


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L’isolamento sociale provocato da questa pandemia sta pertanto mettendo a rischio il diritto all’istruzione, sancito dalla Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni Unite e garantito dalla Costituzione, che rappresenta il fattore più importante per salire nella scala sociale e in grado di impedire la trasmissione della povertà da una generazione ad un’altra. Gli studenti, più svantaggiati economicamente, hanno provato la mortificazione dell’essere esclusi da un sistema di cui erano parte integrante prima dell’isolamento. Particolarmente penalizzati con la didattica a distanza sono stati soprattutto gli studenti con disabilità (pari al 3 per cento della popolazione scolastica) che non hanno potuto ricorrere ai sostegni dovuti ed i bambini di genitori immigrati.

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LA NECESSITÀ DI INVESTIRE SULL'INFANZIA

È dunque auspicabile il ritorno all’insegnamento in presenza perché solo in tal modo è possibile sviluppare la socializzazione, le relazioni, l’autonomia e il confronto. La pandemia potrebbe essere l’occasione per correggere, oltre le carenze dell’organizzazione sanitaria, una serie di problematiche che influenzano da molto tempo e negativamente lo sviluppo del Paese come la denatalità, le disuguaglianze che iniziano già alla nascita, la povertà infantile e la criticità del sistema formativo. È indispensabile un progetto politico e sociale che metta la famiglia al centro dell’attenzione e dell’azione del buon governo L’investimento nell’infanzia è il più efficace e duraturo, il miglior contributo alla ripresa economica e allo sviluppo di una società.


* Mario De Curtis è stato direttore dell'unità di neonatologia e terapia intensiva neonatale del policlinico Umberto I di Roma e professore ordinario all'Università di Roma La Sapienza. Attuamente è un componente del Comitato Nazionale per la Bioetica

 

 


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