Covid-19: oltre 1 paziente su 2 è a rischio malnutrizione
Il dato emerge da uno studio condotto all'ospedale San Raffaele di Milano e riguarda sia i pazienti ospedalizzati (soprattutto se in terapia intensiva) sia quelli curati a casa
Nel pieno dell’emergenza sanitaria, può sembrare un aspetto secondario. Ma così non è. I pazienti colpiti dal Covid-19 sono più esposti - rispetto a chi non ha la stessa malattia, a parità di condizioni di partenza - al rischio di non mangiare in maniera adeguata. E di sviluppare - già nell’arco di poche settimane - uno stato di malnutrizione (per difetto) che potrebbe riflettersi negativamente sugli esiti della malattia provocata dal coronavirus. Non incamerando energia in quantità sufficiente, il rischio che si corre è duplice: andare incontro a un decorso più grave della polmonite e vedere di conseguenza dilatarsi i tempi di recupero.
La recrudescenza della pandemia ha portato l’opinione pubblica a riaccendere i riflettori sugli aspetti di più stringente attualità: i contagi, le condizioni dei pazienti che si ammalano, il rischio di saturazione degli ospedali. L’esperienza accumulata durante la scorsa primavera sta però permettendo di conoscere meglio gli aspetti legati alla malattia. Uno di questi riguarda il (più) frequente stato di malnutrizione a cui risultano esposti i malati di Covid-19. A svelare questo rischio è uno studio condotto da un gruppo di specialisti dell’ospedale San Raffaele di Milano, che dall’inizio della pandemia è stato coinvolto nell’assistenza a questi pazienti. Di questi, 213 sono stati coinvolti in questa ricerca. Obbiettivo: valutare con quale frequenza fosse rilevabile un’«involontaria perdita di peso», se non proprio uno stato di carenza nutrizionale. Così, al momento della prima visita successiva alla dimissione dall’ospedale o all’esito del doppio tampone negativo (nel lavoro sono state coinvolte anche persone curate a domicilio), gli specialisti hanno sottoposto questi pazienti alla rilevazione delle misureantropometriche e a due questionari, mirati a condurre uno screening nutrizionale e una valutazione dell’appetito. Mettendo assieme i risultati di queste analisi, le conclusioni sono state lapalissiane. Oltre 1 paziente su 2 è risultato malnutrito. E quasi 1 su 3, a poco più di un mese dalla diagnosi, aveva perso più del 5 per cento del proprio peso corporeo. Una soglia oltre la quale, nei pazienti oncologici, viene definito lo stato di cachessia.
COME SI RICONOSCE UN ANZIANO MALNUTRITO?
RISCHI MAGGIORI LEGATI ALLA TERAPIA INTENSIVA
Incrociando lo stato di malnutrizione con quello che era stato il decorso del Covid-19, i ricercatori hanno osservato che tutti i pazienti che avevano dovuto affrontare un ricovero in terapia intensiva erano malnutriti (4.3 per cento del totale). Alla base delle forme più gravi di Covid-19, d'altra parte, ci sono alcuni elementi che concorrono alla perdita di peso corporeo. Su tutti, l’infiammazione sistemica. Spiega Alessio Molfino, internista del policlinico Umberto I ed ex ricercatore di Fondazione Umberto Veronesi: «L’infiammazione colpisce diverse vie metaboliche e ipotalamiche che contribuiscono all'anoressia e alla diminuzione dell'assunzione di cibo, nonché all'aumento del dispendio energetico e del catabolismo muscolare. A questi, si aggiungono risposte infiammatorie a livello neurologico, che possono provocare un deperimento anche dopo la fase acuta della malattia». Tra la malattia (causa) e la perdita di peso (effetto) può innescarsi in realtà un circolo vizioso, in grado di determinare un peggioramento della prognosi. Monitorare lo stato nutrizionale dei pazienti è dunque importante anche per guidare il percorso terapeutico verso la guarigione.
Lo studio ha svelato come anche i malati che non hanno avuto bisogno del ricovero sono esposti alla possibilità di vedere calare il peso corporeo. In questo caso, sebbene spesso l’infiammazione sia contenuta e l’insufficienza renale di rado presente, a dare il la a uno stato di malnutrizione sono la perdita di gusto e olfatto che possono comparire come sintomi del Covid, la riduzione dell’appetito e la mancanza di attività fisica nel corso della quarantena. Chiarisce Maurizio Muscaritoli, direttore dell’unità operativa di nutrizione clinica del policlinico Umberto I di Roma e presidente della Società Italiana di Nutrizione Clinica e Metabolismo: «Il confinamento in casa può determinare una perdita della massa magra, da cui la riduzione di massa e forza muscolare». Queste conseguenze - nei pazienti che si presentano all’appuntamento con la malattia già in condizioni di fragilità - possono determinare un indebolimento dell’intero organismo. Una condizione che, nei casi più gravi, può portare alla disabilità.
ANCHE LE PERSONE OBESE A RISCHIO MALNUTRIZIONE
Oltre 7 pazienti su 10 si sono ammalati partendo da una condizione di sovrappeso o obesità, considerata un fattore di rischio in grado di determinare un decorso peggiore della malattia. Al di là di questo aspetto, però, lo studiato ha svelato che pure i pazienti obesi sono esposti al rischio di malnutrizione. «La condizione non è definita soltanto da un basso peso, ma anche da alterazioni della composizione corporea e dalla riduzione della massa muscolare scheletrica - dichiara Caterina Conte, internista e coordinatrice dello studio -. Si parla di obesità sarcopenica per definire la coesistenza di massa grassa in eccesso e sarcopenia. Questa è una complicanza dell'obesità che spesso viene sottovalutata, ma può associarsi a una prognosi peggiore. Anche i pazienti curati a domicilio dovrebbero essere seguiti affinché mantengano un adeguato apporto di calorie, proteine e liquidi in tutte le fasi della malattia».
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