31-10-2018

Tumore al seno: prevenzione, diagnosi e cura

Videointervista a Paolo Veronesi, presidente della Fondazione Umberto Veronesi e direttore della senologia chirurgica dell'Istituto Europeo di Oncologia

Oggi parleremo di tumore al seno poiché ottobre è proprio dedicato a questa patologia. La prima cosa che chiedo al Professor Paolo Veronesi, il nostro presidente della fondazione e il direttore della chirurgia senologica all'Istituto Europeo di Oncologia è proprio questa: nelle scorse settimane abbiamo visto che secondo i dati Aiom nel 2018 in italia ci saranno più casi di tumore al seno, ovvero questo diventa il primo per numero di diagnosi e ha scalzato quello del tumore al colon che è di poche unità.

La domanda lecita è questa: Siamo di fronte un boom di casi di tumore al seno oppure siamo più bravi a diagnosticare un tumore sempre più frequente? Il dato che sia il primo tumore è molto importante se consideriamo soprattutto che è un tumore solo femminile, mentre il tumore dell'intestino riguarda entrambi i sessi. Quindi sono metà le donne con i tumori dell'intestino, molto meno della metà rispetto a quelli della mammella, sicuramente un problema epidemiologico molto importante. Entrambe le cose sono vere nel senso che oggi diagnostichiamo probabilmente tumori che un tempo rimanevano misconosciuti perché magari molto piccoli, in situ o che magari non venivano mai diagnosticati nel corso della vita perché le donne morivano per altri motivi. Sicuramente ci sono più diagnosi di tumori che magari una volta non venivano diagnosticati. Però è sicuramente vero che nella cultura occidentale lo stile di vita occidentale fa sì che il rischio di ammalarsi sia enormemente aumentato rispetto al passato in quei paesi, che un tempo in via di sviluppo, oggi più sviluppati, avevano pochissimi tumori della mammella e oggi cominciano ad avere numeri importanti anche di questo tumore che quindi è sicuramente legato allo stile di vita e presto raggiungerà le percentuali nostre e degli Stati Uniti.

Considerando paesi molto popolosi come l'India o la Cina, sarà un problema che su scala mondiale diventerà sempre sempre più importante e la domanda lecita è questa: Visto che è importantissimo fare diagnosi precoci quali sono gli esami che bisogna fare e soprattutto per quali fasce di età? Immagino che non sia identico per una donna di 30-35 anni rispetto a una di 50-60 anni, dove c'è il maggior picco di incidenza. Gli esami ci sono, ne abbiamo a disposizione da anni e sono sempre più raffinati. L'importante è farli, ma purtroppo ancora oggi tantissime donne non fanno prevenzione. La cultura della prevenzione nel nostro paese c'è sicuramente al nord, molto meno al centro e ancora meno al sud. Basta guardare l'adesione agli screening mammografici che vengono proposti su base gratuita a tutte le donne a partire dai 50 anni. Nel nord l'adesione è alta, al centro molto meno e nel sud bassissima. Quindi c'è una specie di sfiducia o di paura ancora di andare a fare gli esami di prevenzione, per non parlare naturalmente degli esami su base spontanea che noi comunque consigliamo già a partire dai 35 anni di età almeno con l'ecografia annuale, che oggi è in grado di scoprire tumori anche inferiori al mezzo centimetro di dimensioni, casi inizialissimi che guariscono praticamente sempre e poi la mammografia tutti gli anni a partire dai 40 anni. Quindi lo screening regionale del sistema sanitario regionale è importante ma non è assolutamente sufficiente per le singole donne.

È importante cominciare a fare prevenzione già a partire dai 35 anni e una domanda da Marta è questa: Visto che ha un seno che definiscono molto denso, se cambia qualcosa da un punto di vista di prevenzione, ovvero se deve fare esami più serrati. Lei è molto giovane, ha 30 anni, cambia qualcosa oppure deve seguire lo stesso iter classico? A 30 anni è normale che il seno sia molto denso, infatti la mammografia a 30 anni non si fa proprio per la densità del tessuto ghiandolare che non lascia passare i raggi e invece già si deve fare l'ecografia. Normalmente a 30 anni ancora non è necessario fare l'ecografia tutti gli anni, salvo che vi siano situazioni più ad alto rischio, per esempio l’aver avuto diversi casi di tumore mammario in famiglia consiglia di fare l'ecografia già a partire dai 30 anni almeno una volta l'anno.

Un'altra domanda che ci chiedono relativa sempre alla mammografia è questa: Mammografia con tomosintesi o quella classica? Oggi si sta diffondendo sempre di più attorno la mammografia in tre dimensioni, quella con tomosintesi che sicuramente consente di vedere problemi che con la mammografia tradizionale a volte possono sfuggire. Naturalmente dipende molto dal tipo di ghiandola mammaria, se una mammella è completamente adiposa, come spesso succede in post menopausa non occorre fare la tomosintesi, ma è sufficiente la mammografia tradizionale. Per le mammelle molto dense in realtà, anche se si fa molta fatica, comunque con la tomosintesi, per le mammelle miste, ghiandolari adiposa, la tomosintesi può rivelare problemi che alla mammografia normale possono sfuggire. È comunque sempre importante l'integrazione con l'ecografia. Oggi la diagnostica deve essere integrata, salvo appunto casi in cui le mammelle sono molto adipose. La mammografia può essere assolutamente sufficiente e sappiamo che appunto con questi esami si può arrivare ad una diagnosi molto precoce.

Immagino che ci siano anche dei sintomi, dei segni a cui prestare attenzione e non dobbiamo affidarci completamente all'esame. Possiamo dare qualche consiglio su un piccolo piano di prevenzione, anche personale, magari sotto la doccia per controllare se ci sono dei noduli o quant'altro e soprattutto se ci può dare anche qualche consiglio sui sintomi classici che possono essere spia di un qualcosa di grave? Certamente è importante per tutte le donne imparare a conoscere il proprio seno, passandosi la mano insaponata sulle mammelle sotto la doccia si è in grado di scoprire se ci sono alterazioni della consistenza o noduli palpabili. È anche importante guardare il proprio seno magari davanti allo specchio, alzando le braccia, per notare se vi sono alcuni segni come ad esempio le piccole deformità, delle piccole introflessioni, le trazioni della cute che possono fare sospettare qualcosa. Questo è importante anche se si fanno gli esami di prevenzione, ci sono alcuni tumori come ad esempio il carcinoma lobulare, che possono sfuggire alla mammografia, però si vedono molto bene anche unicamente perché danno proprio un cambiamento della forma del seno pur magari con la mammografia negativa. Quindi gli esami negativi non devono darci la tranquillità assoluta, non devono esimere le donne dal fare comunque un controllo diretto della mammella con la palpazione, con l'osservazione, naturalmente è importante vedere se ci sono secrezioni del capezzolo che possono celare una patologia proliferativa a livello dei dotti, più spesso benigna, però a volte anche già con qualche inizio di proliferazione tumorale magari in sito e poi sentire naturalmente se esistono delle ghiandole ingrossate a livello dei cavi ascellari, che possono essere la spia magari a volte anche di un piccolo tumore della mammella misconosciuto. Quindi è importante, senza ansie naturalmente, toccarsi, palparsi il seno, non tutti i giorni, però almeno una volta al mese può essere una buona regola che io consiglierei comunque. Sintomi particolari, intesi come sintomi sistemici, non ce ne sono. Questo naturalmente è uno dei problemi della diagnosi, infatti il tumore della mammella non dà sintomi solitamente e non dà dolore, salvo casi eccezionali, e non dà sintomi sistemici, cresce silenziosamente e questo è il motivo per cui a volte può crescere anche molto se non si fanno esami e molte pazienti sostengono che non dava loro nessun fastidio e quindi lo hanno un po’ trascurato. Questo è naturalmente sbagliato. Purtroppo quando ci sono i sintomi vuol dire che c'è una malattia molto avanzata e ovviamente le nostre possibilità di cura sono più limitate.

Un'altra domanda arriva da Giulia che ci chiede: Lei ha avuto diversi parenti colpiti da tumore, non necessariamente alla mammella, lei ha avuto un tumore al seno cinque anni fa e recentemente ha chiesto appunto di sottoporsi a un test di valutazione genetico per sapere se fosse disposta ad altri tipi di tumore. Questi test, che spesso vengono proposti, anche se in realtà più online che dal medico, sono affidabili oppure si può parlare di test affidabili solo per mirate patologie? I test genetici online hanno affidabilità sicuramente limitata. Vi sono delle linee guida per fare i test, per sottoporre le pazienti a test genetici, in particolare per i tumori del seno e dell'ovaio, che sono quelli che più spesso hanno una alterazione genetica alla loro base. In particolare il tumore dell'ovaio, come quello dal tumore del seno, sono circa tra il 5-10%, si stima i casi in cui vi è una mutazione genetica alle spalle. L'obiettivo che abbiamo è quello di creare una specie di mappa genetica, non dico in tutta la popolazione femminile, però di di gran parte, proprio partendo da chi si ammala. Quando vediamo una paziente con tumore dell'ovaio facciamo un test genetico e se viene positivo con risultato mutazione brca1 e brca2, ecco che allora andiamo a fare il test in tutte le parenti consanguinei di questa signora. Possiamo trovare altre mutazioni e quindi la rete si allarga. Se noi riusciamo ad avere informazioni genetiche sul massimo numero possibile di persone, possiamo attuare delle politiche di prevenzione individuale, che vuol dire fare controlli più serrati. Ad esempio nelle donne giovani oltre all'ecografie, in questo caso semestrale, è opportuno aggiungere anche la risonanza magnetica annuale fino ad arrivare a vere e propri interventi chirurgici profilattici di asportazione delle ghiandole mammarie e asportazione delle ovaie, naturalmente alla fine del percorso riproduttivo delle donne e al termine del loro progetto di famiglia. È possibile anche perché per fortuna il tumore dell'ovaio si verifica più tardi, ma si può procedere alla rimozione profilattica dell’ovaio con un piccolo intervento laparoscopico e questo vediamo ci mette al riparo da quasi la totalità dei casi dal pericolo di tumore dell'ovaio. Su questo tumore abbiamo poche possibilità di fare una diagnosi precoce perché si fa la diagnosi di tumori che si sono già estesi nella cavità peritoneale.

È arrivata una domanda da Annamaria che ci chiede: Dopo sei anni può ricomparire un tumore al seno magari in un'altra sede? Il tumore al seno può ricomparire o riapparire in due modi, può ripresentarsi all'interno della stessa mammella, come una recidiva del tumore che c'è stato o anche come un secondo tumore, come può capitare anche nell'altra mammella. Quindi è opportuno anche dopo la malattia continuare a fare prevenzione continuando a fare mammografie ed ecografie con cadenza assolutamente regolare perché se capita possiamo intervenire nuovamente chirurgicamente e rimuoverlo ed essere tranquilli. La cosa più pericolosa invece è la riapparizione in altri organi, le cosiddette metastasi del tumore della mammella, in ordine di frequenza allo scheletro, al fegato, ai polmoni, al cervello. Questi sono i quattro siti più frequenti in ordine decrescente, questo può accadere nei primi anni dalla diagnosi, soprattutto per i tumori molto aggressivi, a volte anche molto più tardivamente per i tumori meno aggressivi. Naturalmente molto dipende dallo stadio alla diagnosi, se era lo stadio iniziale, inteso come tumore di piccole dimensioni con linfonodi ascellari negativi il è rischio assolutamente trascurabile, se il tumore è più avanzato con tanti linfonodi magari ascellari positivi ecco che il rischio è un po più elevato. Oggi abbiamo la possibilità naturalmente di controllare e ridurre al massimo questo rischio con le cosiddette terapie adiuvanti che comprendono diversi tipi di terapia a seconda delle caratteristiche del tumore. Oggi sono terapie personalizzate a seconda dei recettori espressi dal tumore, quindi tumori molto ormono dipendenti, che sono una maggioranza, vedono delle terapie ormonali che possono essere protratte anche per 10 o addirittura 15 anni. In casi di particolari tumori, che esprimono recettori con HER2, viene fatta una terapia adiuvante comprendente farmaci biologici, come Trastuzumab. Possono essere trattate in casi particolari di malattia avanzata anche con altri farmaci biologici come Pertuzumab. Casi invece in cui tutti questi recettori sono assenti, i carcinomi cosiddetti triplo negativi, sono quelli più difficili da trattare. Infatti solitamente dopo l'intervento ne fanno una chemioterapia classica adiuvante che comunque è in grado di ridurre di molto il rischio di recidiva.

Le terapie ormonali sono quasi identiche tra i diversi tumori, ci sono delle donne che devono protrarla per 5-10 anni, possiamo fare un piccolo quadro della situazione? Naturalmente dipende dallo stato menopausale della donna, questo varia moltissimo, quindi nelle donne in pre menopausa la terapia ormonale consiste, solitamente nei casi un pochino più a rischio, nel bloccare le mestruazioni in maniera artificiale, cioè indurre la menopausa farmacologica con delle iniezioni che vengono eseguite ogni 28 giorni e abbinare a queste iniezioni una pillola, un farmaco anti estrogenico, che può essere il tamoxifene o in alcuni casi un inibitore dell'aromatasi come l’exemestane. In altri casi a seconda del profilo di rischio di queste terapie oggi vengono protratte per cinque anni ma possono essere proseguite magari non più con la puntura ma solo con la pillola del tamoxifene anche più a lungo fino a 10 anni. Naturalmente bisogna valutare se nel frattempo in questi anni la donna è andata in menopausa naturalmente, perché chiaramente essendo gli anni comunque del tumore della mammella quelli più o meno intorno al menopausa dai 40-45 in poi, dopo cinque anni può essere già subentrata la menopausa fisiologica e quindi la terapia si può adattare di conseguenza. Quindi la situazione caso per caso naturalmente deve essere valutata. Nelle donne in post menopausa è più semplice, si può utilizzare solo il tamoxifene nei casi a basso rischio per cinque anni oppure inibitori dell'aromatasi come letrozolo o anastrozolo per 5 anni, o in casi più a rischio, intendo con linfonodi per esempio ascellari positivi 10 anni, si può arrivare in alcuni casi anche a 15 anni. Vi sono dati recenti che dimostrano un lieve incremento, un beneficio ulteriore, a proseguire queste terapie ormonali. Naturalmente sono terapie non prive di effetti collaterali, soprattutto a livello dello scheletro con inibitori dell'aromatasi. Quindi bisogna tenere sotto controllo il rischio di osteoporosi, fare una prevenzione con farmaci adeguati. Tutto sommato sono terapie che normalmente vengono tollerate abbastanza bene, quindi si può proseguire a lungo e avere un'ottima protezione nel tempo.

Prima hai accennato alla questione del tumore al seno triplo negativo, perché è molto difficile da trattare e ci sono delle novità dal punto di vista della ricerca? Qualcosa si sta muovendo o siamo ancora fermi? Naturalmente è il tumore su cui sono maggiormente concentrati gli sforzi della ricerca, il problema del tumore triplo negativo e che non è un tumore, un tipo di tumore, ma è un’enorme varietà di tumori che hanno in comune la caratteristica di non esprimere i recettori ormonali o quelli per l’HER2. Sono tumori che possono essere molto diversi tra di loro per cui a volte rispondono alla chemioterapia classica, a volte non rispondono. Purtroppo l'unica cosa che possiamo far adesso è provare la chemioterapia e vedere se funziona. Qualcosa si sta muovendo, naturalmente il grosso obiettivo di oggi è quello di sfruttare l'immunoterapia che ha dato ottimi risultati per il tumore del polmone, per alcuni tumori del polmone, per alcuni tumori del rene, alcuni melanomi che esprimono recettori particolari di proteine particolari di membrana.

Ci arriva una domanda da parte di Daniela abbastanza specifica che ci chiede: Lei ha avuto un tumore al seno, dopo tre anni una piccola lesione al fegato, ha fatto dei controlli a marzo e non si vedeva nulla, a maggio si è presentata questa lesione e ci chiede ma è possibile che in soli tre mesi si riesca a sviluppare una lesione che prima non si vedeva tramite un’immagine diagnostica? Purtroppo è possibilissimo e succede che possano avvenire piccole lesioni a fegato a distanza anche di anni dall'intervento e bisogna naturalmente capire la biologia del tumore, se ci sono dei dubbi, se sono passati molti anni dall'intervento, conviene comunque rifare un accertamento istologico attraverso una biopsia ecoguidata del fegato perché un'altra caratteristica dei tumori della mammella è che possono cambiare nel tempo quindi non è detto che, soprattutto a distanza di anni, la metastasi abbia le stesse caratteristiche del tumore originale. Quindi magari trattiamo un tumore che pensiamo risponda a certi farmaci e invece è cambiata biologicamente e non risponde più e quindi può essere opportuno ripetere un prelievo istologico molto semplicemente con un’agobiopsia guidata, fare una caratterizzazione biologica e impostare una terapia di conseguenza.

Torna a inizio pagina